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Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...

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74<br />

Angela Ida De Benedictis<br />

musi<strong>che</strong> molto ‘cerimoniali’, compiangendo <strong>il</strong> defunto Tarkovskij insieme. Secondo<br />

me, un caso del genere farebbe grande piacere an<strong>che</strong> a John Cage (ride).<br />

(Nono 2001, p. 440, 442)<br />

Il colloquio con Nono da cui è tratta la citazione ha avuto luogo, in modo informale e<br />

conviviale, nel corso del viaggio in Giappone compiuto da Nono nel novembre del 1987<br />

in occasione della prima esecuzione assoluta di «No hay caminos. Hay que caminar»…<br />

Andrei Tarkowskij a Tokyo, opera commissionata come si diceva per l’apertura della<br />

Suntory Hall. Forse in ragione dell’atmosfera confidenziale, nel corso del pranzo<br />

Takemit<strong>su</strong> rivela al collega appena conosciuto numerose impressioni relative al <strong>su</strong>o<br />

rapporto con i colleghi occidentali e alle problemati<strong>che</strong> culturali del <strong>su</strong>o Paese:<br />

Io adoro la musica del Maestro Nono, e da molto tempo. Perché an<strong>che</strong> adesso,<br />

mentre gli altri compositori della nuova generazione <strong>che</strong> hanno esordito insieme al<br />

Maestro Nono hanno notevolmente modificato i loro orientamenti, lui ha sempre<br />

mantenuto <strong>il</strong> <strong>su</strong>o puro atteggiamento da compositore, imponendo continuamente a sé<br />

stesso la soluzione di nuovi problemi. Per questo motivo, personalmente, io ho una<br />

grande stima nei <strong>su</strong>oi confronti e sono contentissimo di averlo incontrato qui in<br />

Giappone. (Nono 2001, p. 434)<br />

Ho tanti amici fra i musicisti europei, perciò mi rincresce dirlo, ma vedo <strong>che</strong> tra<br />

quei musicisti o compositori, esiste una sorta di settorialismo. Non è <strong>che</strong> io sia<br />

sempre contrario a ciò, intendiamoci. Ma vi racconto una mia vecchia esperienza.<br />

Nel 1970, ci fu un’Esposizione Mondiale del Giappone, a Osaka. Io mi trovavo lì.<br />

C’era an<strong>che</strong> <strong>il</strong> compositore greco, Iannis Xenakis. Poi, nello stesso momento,<br />

nello stesso hotel, arrivò un compositore proveniente dalla Germania, <strong>che</strong> si chiamava<br />

Stockhausen. Io ero amico di entrambi. Li presentai l’uno all’altro e… non<br />

vollero stringersi la mano! Da una parte, io apprezzai quell’atteggiamento da artista,<br />

ma dall’altra, se ci ripenso ora, lo trovo un po’ squallido. E adesso, io dirigo<br />

un progetto come questo, con la Suntory. Coinvolgo an<strong>che</strong> la musica di John Cage<br />

nonché la musica di Luigi Nono. Ieri, mi sono molto commosso per <strong>il</strong> primo incontro<br />

con <strong>il</strong> Maestro Nono. Quanto a me, vorrei ancora dar ascolto alle opinioni<br />

degli altri. Il grande problema attuale del Giappone – del Giappone inteso come<br />

Paese – è <strong>che</strong> sta diventando sempre più nazionalista, e comincia a non ascoltare<br />

più le opinioni diverse. (Nono 2001, p. 439) 33<br />

Ed è proprio in questo accenno al ‘rispetto per le differenze’ <strong>che</strong> sembra celarsi tutta la profondità<br />

e la ric<strong>che</strong>zza del rapporto di Takemit<strong>su</strong> con realtà musicali ‘altre’ rispetto alla<br />

propria. Diversità <strong>che</strong>, come si diceva in apertura, scatena energie creative e viene assorbita<br />

33 Sulla problematica del nazionalismo, molto sentita da Takemit<strong>su</strong>, cfr. an<strong>che</strong> Contemporary Music in Japan<br />

(1989a, p. 198). Sempre nel colloquio con Luigi Nono (2001, p. 439), Takemit<strong>su</strong> lancia un significativo<br />

monito: «penso sinceramente questo: <strong>il</strong> Giappone, di cui siamo cittadini, pare <strong>che</strong> stia camminando in una<br />

direzione troppo sbagliata, e noi artisti abbiamo <strong>il</strong> dovere di pronunziare: ‘Aspetta un momento!’».

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