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Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...

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86<br />

Roberto Calabretto<br />

ciali, i rumori e <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio. In Donna di sabbia, un giovane entomologo attivo in un’area<br />

desertica finisce prigioniero dentro un’enorme buca, in cui vive una donna addetta ad<br />

asportare la sabbia <strong>che</strong> rischia di sommergere <strong>il</strong> v<strong>il</strong>laggio vicino. A proposito di questo<br />

f<strong>il</strong>m la critica ha parlato di ‘ambiente sonoro’ per definire <strong>il</strong> singolare paesaggio in cui<br />

troviamo musica strumentale con ampio ut<strong>il</strong>izzo di percussioni, musica elettronica, rumori<br />

e la voce fuori campo. 24 «An<strong>che</strong> un singolo <strong>su</strong>ono può essere musica per f<strong>il</strong>m», dirà<br />

<strong>il</strong> compositore dichiarando uno dei capisaldi della <strong>su</strong>a ricerca sonora, rivelandone le affinità<br />

con quella di altri compositori e registi europei <strong>che</strong>, negli stessi anni, prestavano<br />

attenzione alle ricer<strong>che</strong> di Pierre Schaeffer e di altri esponenti della musique concrète<br />

francese. Ruud Viss<strong>che</strong>djik sottolinea come Schaeffer stesso apprezzasse la colonna sonora<br />

di Donna di sabbia (Viss<strong>che</strong>dijk – Wolf 1996, p. 29).<br />

An<strong>che</strong> Peter Burt riconduce le caratteristi<strong>che</strong> della musica da f<strong>il</strong>m di Takemit<strong>su</strong>, in parte,<br />

al <strong>su</strong>o interesse verso queste ricer<strong>che</strong> (Burt 2003, p. 44-45). 25 Ricordo <strong>che</strong>, in un <strong>su</strong>o celebre<br />

intervento, Pierre Schaeffer aveva sottolineato le affinità fra Les nouvelles techniques sonores<br />

et le cinéma dichiarando «<strong>il</strong> parallelismo assoluto tra la musica concreta e quella per f<strong>il</strong>m». 26<br />

Un invito prontamente accolto da registi <strong>il</strong>luminati, protagonisti anch’essi delle nouvelle vague<br />

della musica per f<strong>il</strong>m europea, <strong>che</strong> pensavano al commento sonoro nei propri f<strong>il</strong>m<br />

secondo le modalità della ricerca dei maestri francesi. «Riorganizzare i rumori organizzati<br />

(quel <strong>che</strong> credi di sentire non è quel <strong>che</strong> senti) di una via, di una stazione ferroviaria, di un<br />

aeroporto… Riprenderli uno per uno nel s<strong>il</strong>enzio e dosarne <strong>il</strong> miscuglio», aveva affermato<br />

Robert Bresson nelle Notes <strong>su</strong>r le cinématographe (1992, p. 50), dichiarando le modalità con<br />

cui egli stesso lavorava nell’allestimento delle colonne sonore del proprio cinema. Humbert<br />

Balsam ricorda <strong>che</strong> «Bresson era affascinato dai <strong>su</strong>oni. Quando ne scopriva di quelli <strong>che</strong> gli<br />

piacevano particolarmente era straordinario, metteva in rapporto un <strong>su</strong>ono con l’altro come in<br />

24 Sulla musica del f<strong>il</strong>m, cfr. Reynolds (1987, p. 480).<br />

25 «Il terzo insigne compositore ad aver portato al centro della scena la musique concrète è stato Tru Takemit<strong>su</strong><br />

(1930-1996). Sebbene Takemit<strong>su</strong> non abbia mai lavorato <strong>su</strong>lla musica elettronica pura, era attratto dalle<br />

connotazioni semanti<strong>che</strong> implicite nel materiale sonoro concreto, e alle relazioni <strong>su</strong>ono-oggetto <strong>che</strong> lo portavano<br />

verso <strong>il</strong> mondo della grafica e della comunicazione visiva. Già nel 1948 aveva iniziato a registrare nastri<br />

quotidianamente, ma senza riuscire a raggiungere un’espressione originale con tale mezzo. I ri<strong>su</strong>ltati principali li<br />

ebbe nel campo della musica per f<strong>il</strong>m o per <strong>il</strong> teatro» (Loubet et al. 1997, p. 15).<br />

26 «Al contrario dei musicisti, conservatori per istinto e fac<strong>il</strong>i da scandalizzare, gli artisti di ispirazione o di<br />

formazione plastica, drammatica o visiva arrivarono spontaneamente alla musique concrète e sv<strong>il</strong>upparono per<br />

essa un gusto molto vivido, intuendone immediatamente le potenzialità. […] Quanto al cinema, si può ben dire<br />

<strong>che</strong> lì c’era qualcosa <strong>che</strong> si sognava da molto tempo. Non si attendeva altro <strong>che</strong> lasciar dire ai rumori, insieme<br />

alle immagini, più di quanto potesse fare un qualsiasi violoncello» (Schaeffer 1954, pp. 55-56). Estremamente<br />

significativa, da questo punto di vista, l’esperienza di Walter Murch, celebre sound designer del cinema<br />

americano. «Un giorno tornai a casa da scuola e accesi la radio <strong>su</strong> una stazione classica, la WQXR a metà del<br />

programma. I <strong>su</strong>oni <strong>che</strong> uscirono dalle casse mi fecero drizzare i capelli <strong>su</strong>lla nuca. Accesi <strong>il</strong> registratore e rimasi<br />

in ascolto per una ventina di minuti, affascinato da quello <strong>che</strong> stavo sentendo. Scoprii poi <strong>che</strong> era un pezzo di<br />

Pierre Schaeffer e Pierre Henry – due pionieri della musique concrète. Sentivo una profonda affinità con quello<br />

<strong>che</strong> stavo facendo io: prendere i <strong>su</strong>oni dal quotidiano e arrangiarli ritmicamente, creare una specie di musica <strong>su</strong><br />

nastro» (Ondaatje 2003, p. 21).

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