Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...
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<strong>Musica</strong> <strong>che</strong> <strong>affronta</strong> <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio. <strong>Scritti</strong> <strong>su</strong> Tru Takemit<strong>su</strong><br />
base di tutte le buone storie di fantasmi, Kobayashi non cerca di usarle come spunto<br />
per qual<strong>che</strong> clamorosa affermazione <strong>su</strong>lla condizione umana. Due di queste storie<br />
raccontano dell’amore tra vivi e morti tipico di molte pellicole giapponesi, presentate,<br />
come solitamente accade, con sott<strong>il</strong>i ma chiare indicazioni <strong>che</strong> preludono a una<br />
rivelazione finale. Kobayashi ambienta le <strong>su</strong>e storie in un mondo misterioso – per<br />
metà teatrale e per metà realistico. (Tucker 1973, p. 110)<br />
Alla bellezza del f<strong>il</strong>m concorrono molti elementi, a partire dalla scenografia pittorica<br />
<strong>che</strong> presenta atmosfere tipi<strong>che</strong> del cinema espressionista. 36 Un seguito di circostanze<br />
<strong>che</strong> farà dire: «è <strong>su</strong>perba la <strong>su</strong>a qualità visiva per come riesce a evocare un mito<br />
profondamente legato alla sensib<strong>il</strong>ità giapponese» (Mellen 1975, p. 136). 37 Nel 1972,<br />
nel corso di un’intervista, Kobayashi dirà:<br />
La mia principale intenzione è esplorare <strong>il</strong> confine tra la natura materiale<br />
dell’uomo e quella spirituale, <strong>il</strong> regno del sogno e del desiderio. Voglio creare una<br />
situazione drammatica in cui si affronti direttamente l’importanza della componente<br />
spirituale nelle nostre vite. Oltre a questo, mi fa piacere far conoscere la<br />
pura bellezza del Giappone tradizionale. 38<br />
A questo va aggiunta la sospensione del racconto fra realtà e irrealtà, e fra una dimensione<br />
del tempo interiore ed esteriore <strong>che</strong> ricorda quella della nouvelle vague. Talvolta giudicato<br />
<strong>su</strong>perficialmente un f<strong>il</strong>m di pura bravura, <strong>il</strong> cui st<strong>il</strong>e «glaciale e rigido» tradirebbe una certa<br />
freddezza, Kwaidan fu accolto come opera d’indubbia bellezza i cui limiti, secondo un<br />
Leitmotiv della critica europea al cinema di Kobayashi, risiederebbero nell’artificiosità<br />
(Tessier 2008, p. 76). Al contrario, molti parleranno giustamente di una perfezione priva di<br />
elementi spuri, «motivo per cui tutto, dalla recitazione alla musica, s’inquadra in una concezione<br />
del cinema <strong>che</strong> mira a fare spettacolo senza nulla concedere alla spettacolarità»<br />
(Quaglietti 1968, p. 75). Esempio, quindi, di un processo di st<strong>il</strong>izzazione estrema in cui<br />
ciascun mezzo d’espressione a disposizione del regista trova una propria collocazione<br />
all’interno del f<strong>il</strong>m, opera d’arte totale realizzata interamente in studio in cui nulla è riflesso<br />
dal reale (Niogret 1993b, p. 86).<br />
36 «Nel caso di Kwaidan e La condizione umana la composizione dinamica e le diagonali <strong>che</strong> dominano lo<br />
s<strong>che</strong>rmo fanno sì <strong>che</strong> <strong>il</strong> regista possa costruire l’ambientazione claustrofobica nella quale sono intrappolati i<br />
samurai ribelli, così come rendere la presenza di forze poderose e dello spazio oltre lo s<strong>che</strong>rmo» (Bernstein<br />
1997, p. 53). An<strong>che</strong> in questo, alcuni hanno colto delle somiglianze con <strong>il</strong> cinema di Kurosawa. «Lo<br />
straordinario uso del colore e l’attenzione per l’immagine nel <strong>su</strong>o complesso molto probab<strong>il</strong>mente hanno<br />
influenzato la distribuzione del colore secondo s<strong>che</strong>mi simbolici in f<strong>il</strong>m come Dodes’ka-den, Kagemusha,<br />
Ran e Dreams di Akira Kurosawa. In particolare si può notare la chiara discendenza tra Ran e la sequenza<br />
della battaglia nell’episodio Hoichi the Earless» (Steffen 2009).<br />
37 «Da molto tempo volevo resistere alla civ<strong>il</strong>tà industriale e tentare con qualcosa <strong>che</strong> avesse a <strong>che</strong> fare con<br />
l’irrazionale. Volevo sperimentare con <strong>il</strong> colore, e Kwaidan è stata una buona occasione per farlo» (Niogret<br />
1993a, p. 93).<br />
38 Mellen (1975), cit. in Steffen (2009).<br />
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