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Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...

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<strong>Musica</strong> <strong>che</strong> <strong>affronta</strong> <strong>il</strong> s<strong>il</strong>enzio. <strong>Scritti</strong> <strong>su</strong> Tru Takemit<strong>su</strong><br />

partendo da un punto di vista troppo specialistico. Il pericolo implicito è quello di far<br />

passare in secondo piano la percezione, <strong>che</strong> è invece l’elemento bas<strong>il</strong>are in ogni atto<br />

creativo. (Takemit<strong>su</strong> 1995a, p. 80)<br />

Parole importanti queste, certo, ma rivelatrici di un profondo mi<strong>su</strong>nderstanding di Takemit<strong>su</strong><br />

nei confronti del metodo dodecafonico <strong>che</strong> meriterebbe ben altri spazi di approfondimento.<br />

Maggiormente approfondito ri<strong>su</strong>lta invece nella letteratura dedicata a Takemit<strong>su</strong><br />

l’influsso dei compositori francesi attivi a cavallo tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni<br />

del Novecento – e, tra questi, in particolare Claude Debussy. 10 Sebbene questi nomi<br />

ci portino a retrocedere sensib<strong>il</strong>mente rispetto ai margini temporali del presente saggio, è<br />

tuttavia interessante notare <strong>che</strong>, an<strong>che</strong> nel caso delle cosiddette avanguardie stori<strong>che</strong> (in<br />

questo caso francesi), l’‘assorbimento’ della musica occidentale è – ancora una volta – intimamente<br />

inserito in un flusso <strong>che</strong> non conduce verso l’esterno (dall’Oriente<br />

all’Occidente), ma <strong>che</strong> piuttosto riporta all’interno del proprio mondo poetico di appartenenza,<br />

seguendo un percorso squisitamente circolare (dall’Oriente all’Occidente e<br />

nuovamente all’Oriente). L’amore per Debussy e per alcuni compositori francesi di fine<br />

Ottocento, infatti, sembrerebbe essere stato f<strong>il</strong>trato proprio da quella propensione<br />

all’‘esotico’ <strong>che</strong> caratterizzava la loro musica. Secondo Noriko Ohtake<br />

È lo stesso Takemit<strong>su</strong> ad ammettere di ammirare la musica francese, i cui stessi<br />

compositori, alla fine del secolo precedente, si entusiasmarono per l’arte giapponese.<br />

Takemit<strong>su</strong> definì l’interesse e l’influenza dell’arte orientale <strong>su</strong> Claude<br />

Debussy una «azione reciproca» – un esempio di arte reimportata in Giappone.<br />

Questo senso di interplay, <strong>che</strong> si può trovare nell’apprezzamento di Takemit<strong>su</strong> per<br />

la musica di Debussy, resta un punto fermo nella maggior parte della carriera di<br />

Takemit<strong>su</strong>. (Ohtake 1993, pp. 6-7) 11<br />

Nel ripercorrere qui in rassegna alcuni dei contatti diretti e indiretti avuti con rappresentanti<br />

delle avanguardie occidentali, vedremo quanto plausib<strong>il</strong>e sia questa interpretazione di<br />

interplay insita nell’apertura di Takemit<strong>su</strong> verso ‘l’altro’.<br />

Il primo nome da richiamare in questa passerella è sicuramente quella di un altro<br />

compositore francese, Olivier Messiaen. Fin da una delle prime opere giovan<strong>il</strong>i di<br />

Takemit<strong>su</strong>, Lento in Due Movimenti (1952), alle influenze debussyane si affiancano<br />

quelle di Olivier Messiaen (e soprattutto del Messiaen dei ‘modes of limited<br />

transpositions’). Takemit<strong>su</strong> ebbe modo di conoscere per la prima volta la musica di<br />

Messiaen nel 1950, grazie alla mediazione di Toshi Ichiyanagi, restandone<br />

10 Si vedano a tal proposito, tra gli altri Ohtake (1993, passim) e Burt (2003, passim).<br />

11 È nondimeno da notare <strong>che</strong> in un’intervista r<strong>il</strong>asciata a Fredric Lieberman nel 1964 (un anno prima di<br />

compiere <strong>il</strong> <strong>su</strong>o primo viaggio in Europa), Takemit<strong>su</strong> affermi di non amare (quantomeno a quell’epoca)<br />

Claude Debussy: «Mi piacciono molto i brani francesi antichi – Couperin, Rameau. Non amo invece Maurice<br />

Ravel o Debussy» (Lieberman 2002, p. 228).<br />

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