Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...
Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...
Musica che affronta il silenzio - Scritti su Toru Takemitsu - Pavia ...
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
62<br />
Angela Ida De Benedictis<br />
Copland riporta a fatti ben precedenti al viaggio di Stravinskij in Giappone, ed esattamente<br />
alla seconda metà degli anni Quaranta, periodo al quale datano i primi rapporti tra<br />
Takemit<strong>su</strong> l’ambiente musicale americano.<br />
Come è noto, nell’immediato dopoguerra, durante l’occupazione del Giappone,<br />
l’esercito americano aveva costituito a Tokyo un Center for Information and Education. Nel<br />
<strong>su</strong>o scritto Contemporary Music in Japan Takemit<strong>su</strong> scrive di essersi recato spessissimo,<br />
verso la fine degli anni Quaranta, presso la biblioteca del centro per leggere partiture di musica<br />
composta in America. Grazie a una radio installata dagli americani (chiamata WVTR),<br />
egli poté inoltre ascoltare molta di quella musica (i nomi citati dal compositore sono quelli<br />
di Roy Harris, Aaron Copland, Walter Piston, Roger Sessions e George Gershwin), giungendo<br />
così gradualmente «a dare forma ai miei gusti in fatto di musica». 6 Tra tutti i brani<br />
ascoltati all’epoca – tutti a loro modo velati dal fascino <strong>che</strong> avvolge qualcosa di «raro,<br />
sconosciuto, talmente meraviglioso» – fu proprio la musica di Copland a colpirlo particolarmente:<br />
«Amavo la Violin Sonata di Aaron Copland. A quei tempi pensavo <strong>che</strong> fosse <strong>il</strong><br />
Mozart americano – molto semplice, ma davvero ben costruito. Ho conosciuto la musica<br />
americana prima delle altre, prima ancora di Schoenberg o Webern, perché, dopo la guerra,<br />
non c’era modo per noi di ascoltare qualcosa di nuovo» (Takemit<strong>su</strong> 1989b, p. 207). 7 Il<br />
nome di Anton Webern ci riporta alla seconda scuola di Vienna, approfondita da Takemit<strong>su</strong><br />
nella cosiddetta ‘seconda fase’ della <strong>su</strong>a biografia artistica, <strong>che</strong> coincide con <strong>il</strong> riavvicinamento<br />
o la riscoperta della musica tradizionale giapponese. 8 Ancora oggi non si sa con<br />
esattezza quando Takemit<strong>su</strong> ebbe modo di avvicinarsi per la prima volta alla musica di<br />
Webern. 9 Di certo si può solo affermare <strong>che</strong> l’uso di forme contrappuntisti<strong>che</strong> e a specchio<br />
– di chiara derivazione weberniana – contraddistingue gran parte delle composizioni realizzate<br />
nell’arco temporale <strong>che</strong> va dal 1957 fino a Piano Distance del 1961 e Arc del 1963.<br />
L’interesse per la seconda scuola di Vienna sembra limitarsi comunque al solo aspetto formale,<br />
laddove <strong>su</strong>l piano dell’organizzazione strutturale delle altezze, <strong>il</strong> sistema<br />
dodecafonico è stato apertamente e duramente rifiutato da Takemit<strong>su</strong>. In uno scritto del<br />
1971 egli arriva persino ad affermare <strong>che</strong><br />
Il metodo di composizione dodecafonico potrà essere <strong>il</strong> ri<strong>su</strong>ltato di una necessità storica,<br />
ma contiene degli aspetti particolarmente pericolosi. La ricerca matematica e geometrica<br />
<strong>su</strong>l <strong>su</strong>ono al centro di questa tecnica è un mero atto intellettuale. Ne possono ri<strong>su</strong>ltare le<br />
stesse debolezze <strong>che</strong> emergono in ogni tentativo di raggiungere una purezza intellettuale<br />
6<br />
Cfr. Takemit<strong>su</strong> (1989a), p. 200. Per i nomi dei compositori menzionati cfr. an<strong>che</strong> Takemit<strong>su</strong> (1989b, p. 207).<br />
7<br />
Nello stesso colloquio Takemit<strong>su</strong> afferma significativamente <strong>che</strong> la <strong>su</strong>a idea di musica europea fu proprio<br />
mediata dalla cultura americana.<br />
8<br />
Sulle ‘fasi’ della biografia artistica di Takemit<strong>su</strong> si rimanda ai volumi di Miyamoto (1996) e di Burt (2003).<br />
9<br />
Nel colloquio con Cronin e Tann (cfr. nota 7) Takemit<strong>su</strong> afferma genericamente «Sono stato influenzato<br />
profondamente dalla scuola di Vienna, e an<strong>che</strong> da Debussy» (1989b, p. 207), senza fornire date o titoli<br />
specifici. Bisogna ricordare <strong>che</strong> fin dall’immediato dopoguerra, tra i primi in Giappone, Yorit<strong>su</strong>ne Mat<strong>su</strong>daira<br />
aveva introdotto nella propria musica elementi del metodo dodecafonico, commistionandoli con la teoria<br />
musicale del gagaku (cfr. Bekku 1961, p. 95).