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L'altra agricoltura… - Inea

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nuina, in quanto consente un contatto con gli altri, porta ad interfacciarsi con altre realtà. L’importanza della<br />

reputazione è la fatica di guadagnarla.<br />

Altro settore in cui abbiamo lavorato è quello della vite. Lo spirito che ci ha animato è sempre stato il medesimo:<br />

interesse vivo per radici, memoria, identità.<br />

A Locri abbiamo dei santuari di Persefone, in cui le offerte votive, cibo portato in piatti di coccio, venivano<br />

sepolte, letteralmente smaltite. Allora abbiamo invitato un grandissimo archeologo, Patrick MC Govern, che<br />

ha scritto L’archeologo e l’uva. Egli lavora con dei metodi di spettrometria di massa: gli abbiamo chiesto di<br />

individuare il DNA dei semi, dei pollini, etc., che si trovano sotterrati. Persefone Regina della notte e degli inferi,<br />

ma anche signora della luce. Persefone con il gallo nero che annuncia la luce del giorno, Persefone dea<br />

dell’abbondanza, quindi dea del melograno, ma anche dell’uva. Un tempo Locri era ricca perché c’era chi<br />

commerciava non l’olio, ma il vino. Locri ha continuato ad essere ricca fino agli antichi romani, a Bisanzio,<br />

etc., venivano fatte le centuriazio a Roma, e le centuriazio erano legate alla divisione di pezzi di terra da poter<br />

coltivare a vino, ma dov’è questo vino adesso? Noi abbiamo grandi difficoltà a fare il vino con le nostre<br />

uva autoctone. Però è interessante notare che le nostre viti sono resistite: questo si spiega con il fatto che Locri<br />

è la punta dello stivale, è il fondo dell’Europa, quindi è rimasto isolato rispetto a tutta una serie di malattie<br />

dell’uva che si sono verificate nei decenni scorsi.<br />

Esiste ancora oggi una quantità enorme di vitigni autoctoni, e quindi di biodiversità e DNA. Noi faremo un’operazione<br />

particolare, andremo a studiare il DNA dei semi dei santuari di Persefone, il DNA delle nostre piante<br />

e faremo un vino storico, tentando, in tal modo, di far capire come le nostre radici possono essere nella<br />

memoria. Ciò è un elemento di continuità e di identità anche commerciale, perché la gente che viene a Locri<br />

vuole capire chi siamo noi, la gente che viene in Calabria vuole capire la calabresità, vuole mangiare la soppressata,<br />

vuole mangiare il peperoncino, vuole bere il nostro vino.<br />

Io e una mia amica, Marialetizia Cava, che è una paleocartologa, insieme alla sovraintendente Silvana Iannelli,<br />

avevamo pensato di incontrare il nuovo Vicepresidente della Giunta Regionale, Mimmo Cersosimo, per<br />

convincerlo a sostenere questi processi. Chissà che non si riesca a puntare su queste cose e a farle diventare<br />

elemento propulsivo di mercato.<br />

Vorrei suggerire un’ultima cosa: ragioniamo con le nostre risorse. Come diceva Antonio, il miele d’arancio del<br />

Tirreno è il migliore del mondo, le fragole di Pizzo, il kiwi di Rossano, il bergamotto, le clementine della ionica,<br />

in particolare quelle di Sibari, sono tutti prodotti tipici, unici. Le risorse ci sono, spetta ai calabresi saperle<br />

riscoprire, lavorare, guadagnarsi da vivere e vendere queste eccellenze, ma con intelligenza, attraverso pratiche<br />

innovative, e sganciarsi da una logica di assistenzialismo.<br />

Altro settore in cui ci stiamo cimentando e in cui stiamo avendo notevoli difficoltà è il settore dell’allevamento<br />

dei maiali neri, veri maiali, che hanno i requisiti richiesti Slow-Food.<br />

Nelle zone interne, salendo verso Polsi, abbiamo trovato i primi esemplari di suini. Abbiamo avuto una grande<br />

difficoltà a legalizzare gli allevamenti, perché questi maiali non hanno ancora una certificazione d’origine,<br />

non possono essere commercializzati per una norma di pulizia veterinaria. Noi non sappiamo come risolvere<br />

questa questione. Noi conosciamo bene l’origine di questi esemplari, sono i nostri vecchi maiali, ma<br />

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