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L'altra agricoltura… - Inea

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SINTESI DEL WORKSHOP<br />

DI GIOVANNI FOLLIERO<br />

Dal workshop è emerso con chiarezza che – a fronte di un modello dominante di agricoltura – non si possa<br />

parlare di un unico modello alternativo ma sarebbe più opportuno declinare il concetto di agricoltura alternativa<br />

al plurale parlando di altre agricolture. In Italia, come in tutto il mondo, coesistono diverse forme di<br />

agricoltura articolate a partire dall’eterogeneità di tre aspetti fondamentali: 1) gli attori coinvolti, 2) la biodiversità<br />

e gli ecosistemi locali, 3) i modelli cognitivi o culturali. Non a caso, infatti, la letteratura sullo sviluppo<br />

rurale pone molta enfasi sui concetti di sviluppo endogeno e di territorio, come a voler sottolineare il<br />

ruolo positivo delle molteplici e specifiche configurazioni dell’agricoltura nei processi virtuosi di sviluppo delle<br />

aree rurali.<br />

L’eterogeneità dei tanti modi di fare agricoltura trova corrispondenza nella diversità impersonata dalla figura<br />

del contadino, storico e duttile attore dell’agricoltura che ancora oggi rimane numericamente prevalente a livello<br />

mondiale. I contadini animano le varie forme alternative dell’agricoltura, fornendo un anello di congiunzione<br />

analitico ed empirico tra il livello generale, o globale, ed il livello particolare, o locale.<br />

Rispetto alle disparate configurazioni osservabili in agricoltura, però, le istituzioni e le politiche nazionali e<br />

sovranazionali compiono una palese scelta di parte. Attraverso vari tipi di agevolazioni, infatti, viene privilegiato<br />

e sostenuto il modello industriale, definito anche minerario, della cui insostenibilità sono già state<br />

prodotte ampie evidenze. Ecco perché è stato ritenuto opportuno articolare un workshop sul conflitto che si<br />

va strutturando con crescente risalto tra l’eterogeneità delle prassi agricole ed alimentari, da un lato, e l’omogeneità<br />

degli interessi dei grandi attori economici e delle politiche che li supportano, dall’altro. È tale omogeneità<br />

– la quale sottende una pericolosa standardizzazione del prodotto e delle prassi agricole – ad indurre<br />

ampi dibattiti politici e scientifici e ad autorizzare a parlare di un modello dominante su scala globale. Ed è<br />

ancora questa omogeneità a dar forza alle resistenze, economiche ma non solo, degli attori più piccoli o<br />

marginali dell’agricoltura. Sono loro stessi che organizzano reti di collaborazione e scambio di esperienze,<br />

quale strategia di sopravvivenza, al fine di farsi interpreti delle istanze di sicurezza e sovranità alimentare<br />

che provengono da più parti.<br />

L’agricoltura contadina è parte sostanziale di questa rete ma non costituisce un modello monolitico, allo stesso<br />

modo in cui i contadini non rappresentano un soggetto omogeneo. È stato enfatizzato, invece, come sia il<br />

delinearsi di un conflitto globale che mina alla base l’eterogeneità dell’esistenza dei contadini – e di conseguenza<br />

la varietà delle pratiche produttive in agricoltura e la sovranità alimentare di tutti noi – a divenire<br />

motore dell’articolazione di una piattaforma comune alle diverse configurazioni alternative del fare-agricoltura.<br />

Lo squilibrio prodotto in favore dell’agricoltura industriale contribuisce fortemente a creare un filo<br />

conduttore tra attori e pratiche disseminate su tutto il pianeta, senza tuttavia dar luogo ad un vero e proprio<br />

modello altro. “Eterogeneità” rimane la parola chiave della rete di agricolture alternative che sembra animare,<br />

invece, un nuovo paradigma socio-economico. Proviamo a schematizzare i punti chiave emersi nel dibattito,<br />

ai quali si accennava in precedenza.<br />

RETELEADER 127

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