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L'altra agricoltura… - Inea

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Queste cooperative occupano oltre 8.000 lavoratori appartenenti alle categorie dello svantaggio. Tra le varie<br />

tipologie di svantaggio è interessante rilevare, rispetto alle cooperative sociali non agricole, la maggior<br />

presenza di persone affette da disagio psichico, di ex-tossicodipendenti, di ex-detenuti, ovvero delle tipologie<br />

di svantaggio per le quali l’inserimento nel mondo del lavoro è particolarmente problematico.<br />

Il profilo di queste cooperative tende ad emergere dai vari casi di studio che in questi ultimi anni ho avuto<br />

modo di conoscere e di approfondire e da alcune ricerche empiriche sul territorio nazionale. Si tratta di esperienze<br />

che in molti casi tendono a situarsi su terre divenute marginali per il venir meno delle convenienze economiche<br />

nell’ambito dell’agricoltura ordinaria.<br />

Il loro profilo produttivo risulta particolarmente diversificato. Una diversificazione sia riguardante l’attività<br />

agricola in stretto, con la presenza di una pluralità di attività colturali e di allevamento, sia con riferimento<br />

alla presenza di attività connesse a quella agricola quali la vendita diretta, servizi didattici per le scuole, ristorazione<br />

e agriturismo, riabilitazione equestre e altro ancora.<br />

Da una tesi di laurea 8 che ho avuto modo di seguire e che ha riguardato un piccolo campione delle cooperative<br />

sociali di tipo B con attività agricole, emergono questi altri tratti:<br />

adozione del metodo di produzione biologico, presente nel 75% delle cooperative intervistate;<br />

attivazione di processi produttivi ad elevata intensità del lavoro manuale, con la conseguente creazione<br />

di occupazione anche su limitate superfici;<br />

prevalenza di coltivazioni ad elevato valore aggiunto quali l’orticoltura, di pieno campo o in serra, la<br />

frutticoltura, la floricoltura, viticoltura ed olivicoltura, l’apicoltura e gli allevamenti di piccole specie;<br />

presenza significativa di occupazione femminile e giovanile;<br />

alto grado di apertura al contesto territoriale e di integrazione in reti locali e sovralocali.<br />

Di certo il fenomeno dell’agricoltura sociale ha a che fare con il grande tema della responsabilità sociale di<br />

impresa declinato in chiave agricola, tematica emersa in vari interventi di questo convegno. Mi sentirei però<br />

di dire che, aldilà del suo essere “responsabile” o “etica” l’agricoltura sociale è fondamentalmente utile. Nel<br />

senso che serve, che può offrire soluzioni a situazioni complesse e difficili da risolvere, che può rappresentare<br />

per i servizi sociali uno strumento in più di intervento, oltre a quelli consolidati e consueti.<br />

Nei territori dove queste esperienze hanno raggiunto maggiori gradi di maturità – mi limito a citare i casi dei<br />

Castelli Romani nel Lazio, della Valdera in Toscana e della provincia di Pordenone in Friuli, i servizi stanno riconoscendo<br />

l’utilità derivante dalla presenza sul territorio di esperienze di agricoltura sociale e dalle risposte<br />

che questa da a bisogni crescenti. Non a caso il termine “utile” sta nella sigla ONLUS Organizzazione Non<br />

Lucrativa di Utilità Sociale.<br />

Un’altra parola chiave emersa nel dibattito di ieri, e che vorrei in questa sede declinare con riferimento dell’agricoltura<br />

sociale, è quella di competitività. È un termine usato (e abusato) in tanti contesti, ma che potrebbe<br />

essere inteso come riferito esclusivamente all’agricoltura modernizzata, specializzata, standardizzata, ecc.<br />

8 Fabio Belano, L’agricoltura sociale in Italia. Un’indagine sulle cooperative sociali che operano in agricoltura, tesi di laurea, Facoltà di Agraria, Università<br />

degli Studi della Tuscia, A.A. 2006-2007.<br />

80 RETELEADER

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