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L'altra agricoltura… - Inea

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Riguardo la Legislazione, bisogna far riferimento alla Legislazione sui distretti rurali che prevede un approccio<br />

sistemico al territorio. Per illustrarvi meglio l’importanza di quanto sto dicendo, vi propongo la definizione<br />

prevista dalla Legge:<br />

“Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali caratterizzati da un’identità storica e territoriale omogenea<br />

derivante dall’integrazione di attività agricola e altre attività locali non necessariamente cooperative<br />

e altre attività locali nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità coerenti con la tradizione<br />

e le vocazioni naturali e territoriali”.<br />

Allora il primo passo non è resistivo, è desistivo: bisogna desistere dall’azione in prima istanza per poter capire<br />

quali sono le condizioni di identità e di specificità locale. C’è un problema di identità alla base, ma non<br />

dobbiamo pensare all’identità come qualcosa di statico, non bisogna riesumare la tradizione, tornare a considerarla<br />

sacra. È importante tener presente che l’identità è e non è. Per spiegarmi, mi servo della distinzione<br />

filosofica tra idem e ipse: l’identità non rimane sempre uguale, va ribadita in quanto tale; l’identità è<br />

ipseità, cioè qualcosa che si mantiene nel mutamento. La questione cruciale è, quindi, comprendere qual è l’identità<br />

ipse secondo l’ipseità di quel territorio.<br />

Altro punto importante: se un territorio è un mosaico di azioni, è necessario individuare qual è il paradigma<br />

di approccio a quel territorio. Per farlo, possiamo ricorrere all’approccio sistemico che fa riferimento ad un<br />

paradigma di natura specifica. La natura, però, non è evidente per se stessa, ma ama nascondersi, ha più volti.<br />

Dunque il paradigma territoriale è un paradigma di natura non olistica, ma pluridimensionale, pluridiversificato,<br />

che ha sempre qualcosa da nascondere che va osservato, cercato e svelato. La natura è carica di<br />

interstizi e di pluralità.<br />

Considerando l’esperienza nei distretti del Friuli, pur essendo Regione autonoma, quindi più snella nell’organizzazione<br />

amministrativa e legislativa, non si è legiferato sui distretti, c’è solo la legge nazionale. Questa<br />

situazione rappresenta l’occasione migliore per prendere questa condizione come esperienza possibile. Sui<br />

distretti di economia solidale in questo momento a livello nazionale è in corso una riflessione. Questo è un<br />

elemento positivo. Infatti, c’è ancora molto da chiarire su cos’è l’altra economia, la bio-economia. Queste<br />

questioni non possono chiudersi dentro una cornice predefinita, sono oggetto di studio. Le economie altre<br />

sono motori di innovazione, dunque proponiamo la nascita di un distretto rurale di economia solidale come<br />

cornice organizzativa e metodologica per mettere assieme agricoltori, imprese agricole, cooperative sociali ma<br />

anche aziende. Non si può pensare che la cooperazione non sia anche volano di responsabilità sociale di impresa<br />

per tutti i settori operanti nella zona, altrimenti si tratterebbe di un’azione confinata. Bisogna considerare<br />

anche il beneficio che si genera sull’intero territorio, quindi sulle altre aziende presenti, sui servizi, e<br />

su come loro si pongono rispetto alla nascita del distretto rurale di economia solidale. (figura 1)<br />

Il distretto di economia solidale è un modello di coesione sociale e promozione del capitale umano, è un modello<br />

di sviluppo del welfare comunitario, è un sistema reale di integrazione tra agricoltura e sociale capace di<br />

promuovere crescita economica, è uno strumento di prolificazione di processi bioeconomici di economia solidale.<br />

L’estensione del distretto nell’esperienza di cui sono testimone: 7 comuni della provincia di Pordenone, 7 comuni<br />

nel distretto.<br />

RETELEADER 83

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