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L'altra agricoltura… - Inea

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ne di un mercato anonimo, di un mercato in cui le funzioni prevalgono sugli individui. La relazione “faccia<br />

a faccia” con il produttore è un’altra delle domande sociali che emerge proprio rispetto a quella che possiamo<br />

definire la crisi del legame sociale. Poi c’è un’altra questione di estrema importanza che riguarda il rapporto<br />

che c’è tra mercato e ambiente. Su questo non mi dilungo, molte cose son già state dette. Il mercato,<br />

così com’è organizzato, e in generale l’economia formale, ha finito per entrare in contraddizione e distruggere<br />

l’ambiente. È molto difficile coniugare questi tre pilastri dello sviluppo sostenibile: economia, società e<br />

ambiente. Il vertice di questo triangolo è sempre l’economia. La domanda che emerge sia da parte della società,<br />

dei movimenti culturali e dall’altro dalle pratiche accennate, è una domanda che rovescia questo triangolo<br />

e pone, non solo al vertice del triangolo, ma su un piano orizzontale della relazione tra società e ambiente,<br />

l’economia ridefinendola come strumento che questa relazione tra società e ambiente dovrebbe controllare.<br />

Qui c’entra quella che viene chiamata filiera corta o catena breve, perché non si tratta solo di un rapporto<br />

produttore-consumatore che ricostituisce l’identità del luogo, ricostituisce la fiducia nei confronti del<br />

produttore, ma si tratta di accorciare questa filiera perché è la più inquinante e più distruttiva in termini di<br />

effetto serra, implica grossi dispendi energetici, implica emissioni di CO2. Un prodotto trova il suo suolo in Italia,<br />

viene trasformato in Cina, poi ritorna al consumatore italiano. In tutto questo tragitto è incredibilmente<br />

elevata la quantità di emissioni e l’inquinamento che viene provocato. La filiera corta è estremamente importante<br />

da questo punto di vista. Sono molti gli aspetti che questo comprende e poi vi sono altri aspetti connessi<br />

ai primi che riguardano soprattutto questa visione del mondo: insieme di pratiche e valori che durano,<br />

che guidano la definizione della società stessa, dell’ambiente e dell’individuo, la costruzione della propria<br />

identità. Per affrontare questo tema occorre uscire da un’ottica settoriale, da un contesto puramente agricolo,<br />

perché il contesto delle nuove pratiche agricole non è più un contesto isolato, anche se si è ridotto numericamente,<br />

ma è un contesto dilatato che intrattiene rapporti con ogni altro settore e diviene centrale dal<br />

punto di vista della visione del mondo. Infatti, le strategie, le pratiche più consapevoli cui ieri si è accennato,<br />

si scontrano con il mercato, con la tecnologia, con le regolazioni statali, con le regole stabilite dal sistema<br />

istituzionale. Potremmo parlare insomma di contro-cultura contadina, rispetto alla cultura dominante, non col<br />

significato sociologico che viene dato, ma come cultura che propone un’altra società, non solo un’altra agricoltura,<br />

che propone un altro modo di consumare, di relazionarsi con gli altri, un altro tipo di rapporti sociali<br />

di produzione. Potremmo parlare di strategie contadine di tipo antiutilitariste, termine utilizzato da La Touche<br />

e da un movimento che oggi pone il tema dello sviluppo in termini di decrescita e non in termini di crescita<br />

continua che ha prodotto enormi ricchezze da un lato e povertà dall’altro, che ha prodotto crisi ambientali<br />

ed enormi cumuli di rifiuti che non sappiamo più dove mettere. L’individuazione del responsabile<br />

che ha rotto una relazione con la riproducibilità delle risorse e che ci presenta un futuro davvero fosco sotto<br />

tutti i punti di vista. Potremmo parlare di razionalità sostanziale (in termini Weberiani); mercato, tecnologie,<br />

politica, gli stessi sussidi, non sono intesi dalle figure del nuovo universo contadino come fattori strutturali.<br />

È in base al mercato che io definisco la mia identità di produttore. Queste concezioni sono invece utilizzati discrezionalmente<br />

in base, non soltanto alle proprie esigenze, ma proprio in base a principi etici, di solidarietà<br />

sociale, a principi che non sono quelli tipici della concorrenza, competizione di mercato. Intendo dire un’ul-<br />

RETELEADER 195

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