L'altra agricoltura… - Inea
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delle Fattorie Sociali. Siamo orgogliosi del fatto che dopo sole 2 settimane dalla pubblicazione di questo annuncio<br />
sui siti internet, sono arrivate 280 adesioni per la partecipazione al corso, di cui circa 30 sono agricoltori,<br />
un centinaio sono operatori sociali, gli altri sono ricercatori, studenti, professionisti, psicologi. Abbiamo<br />
un varietà molto ampio di persone che intendono apprendere che cos’è l’agricoltura sociale. Inoltre partecipare<br />
al corso non è semplice: dura 2 mesi, si svolge a Roma, e strutturato in 5 ore una volta a settimana<br />
per 5 mesi. Per chi ha un’azienda agricola, o delle attività diventa faticoso, ma nonostante tutto abbiamo avuto<br />
280 richieste di partecipazione.<br />
Ciò testimonia che emergono nuovi soggetti sociali, nuove attività, in cui spesso la medesima figura sociale<br />
assume una pluralità di ruoli. Come diceva Saverio, si verifica la produzione congiunta di beni e fornitura di<br />
servizi, ruoli imprenditoriali e lavori dipendenti autonomi, integrazione del mercato e ricerca di spazi autonomi<br />
tipici del modo di produrre contadino.<br />
Ciò che oggi si verifica, però, è una cosa diversa rispetto alla fase precapitalistica, dove l’autonomia poteva<br />
anche significare nicchia o separatezza. Oggi l’autonomia va intesa invece come confronto continuo con il<br />
mercato, con maggiori strumenti, per non farsi dominare, senza farsi condizionare completamente. Questa<br />
è la forma per raggiungere maggiore competitività. Se lo intendiamo invece in termini di ritorno ad una modalità<br />
contadina che assolutamente non ha più senso in una società capitalistica, allora diventa qualcosa di<br />
incomprensibile.<br />
Riguardo i modelli di welfare, la teoria della modernizzazione ha condizionato l’intervento pubblico in agricoltura<br />
e la PAC si è configurata come un vero e proprio modello di welfare il cui obiettivo era, oltre l’autosufficienza<br />
alimentare, la creazione di una sorta di ammortizzatori sociali per lo sviluppo. Ciò era stato elaborato<br />
per l’industria, per la città, e attraverso la PAC si cercava di trasporre questo modello al settore agricolo,<br />
erogando risorse al fine di ammortizzare la situazione dicotomica che si creava nei meccanismi di sviluppo.<br />
Io credo che sarebbe velleitario contrapporre in termini conflittuali alternativi il paradigma del modo<br />
di produrre contadino, ma bisognerebbe vedere, invece, questo impianto analitico come una modalità per capire<br />
in che modo valori tradizionali del mondo rurale che fanno riferimento al mutuo aiuto, alla reciprocità,<br />
alla solidarietà non siano archeologia rurale. Pongo degli esempi concreti: tutta l’esperienza ultra secolare dei<br />
consorzi di bonifica, degli usi civici, del carattere agricolo del movimento contadino italiano (il nostro paese<br />
è l’unico in Europa dove il movimento cooperativo nasce nelle campagne, mentre in tutti gli altri paesi nasce<br />
nell’artigianato, nell’industria) sono tutte peculiarità della realtà contadina italiana, portatrice di valori.<br />
Noi dobbiamo recuperare questi valori e rivitalizzarli per rinvigorire le reti sociali e accrescere la reputazione<br />
delle attività imprenditoriali per fare in modo che la capacità di quei processi produttivi legati al capitale<br />
sociale che è proprio della cultura contadina possa arrecare benessere, produrre valore aggiunto, produrre<br />
sviluppo. Pertanto dobbiamo introdurre un nuovo modello di welfare, attraverso un’attività produttiva capace<br />
di generare servizi sociali, nuovi servizi ambientali. Un esempio potrebbe essere un modello per riformare<br />
l’aiuto diretto. Ieri c’era una vivace discussione in cui Francesco ha introdotto questo elemento del tema degli<br />
aiuti. Io credo che il punto sia, più che l’entità degli aiuti, la finalità degli stessi.<br />
La modalità che introduciamo dell’agricoltura sociale potrebbe aiutare a trovare delle soluzioni per collega-<br />
RETELEADER 91