L'altra agricoltura… - Inea
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LA RETE DI ECONOMIA SOLIDALE<br />
DI DAVIDE BIOLGHINI<br />
È estremamente difficile non raccogliere tutte le sollecitazioni che avete già proposto. Quindi prima di iniziare<br />
consentitemi di esporre alcune considerazioni molto sinteticamente.<br />
Perché i GAS sono soprattutto al nord? Io oltre alle vostre interpretazioni ne aggiungo un’altra, che è legata<br />
proprio all’analisi che avete fatto della composizione sociale dei GAS. Chi si aggrega nei GAS appartiene<br />
a ceti sociali medio alti, sia sul piano economico che su quello culturale, quindi la scelta di fare questo passo,<br />
oltre che da soggetti giovani, è più facile che venga presa da chi ha questo tipo di condizione ed è evidente<br />
che al sud questa condizione è meno diffusa, anche se questo fenomeno riguarda, a macchie di leopardo, anche<br />
il Nord. È il caso, ad esempio, dei quartieri popolari delle grandi città. Io ho avviato un intervento nel<br />
quartiere di Quartogiano, che è un quartiere popolare di Milano, in cui ci sono fasce sociali diverse da quelle<br />
che ho appena ricordato, e lì, nonostante sia un quartiere di settanta/ottanta mila abitanti, non c’è nemmeno<br />
un GAS. Questo è un segnale importante da tener presente, infatti, uno degli obiettivi da porsi, è quello<br />
di tener conto di questa disparità per proporre modalità di aggregazione o di intervento adeguati rispetto<br />
a questo insieme di riferimenti. Promuovere il consumo critico e responsabile, anche per i settori popolari,<br />
potremmo proporre la creazione dei GAP, Gruppo di Acquisto Popolare.<br />
La seconda considerazione è che effettivamente non è facile definire il mondo dei GAS. Il fatto che intervengano<br />
sul modello di consumo, sconfina inevitabilmente, sul piano dell’analisi, sul terreno del cambiamento<br />
di modello di sviluppo. Fare i conti soltanto con una parte, che è appunto quella del consumo, senza<br />
essere in grado di considerare il fatto che questo modello di consumo è legato ad un modello di sviluppo che<br />
distrugge, le forze produttive, le risorse naturali, i prodotti stessi non aiuta. Prendiamo il paradosso delle<br />
arance, che è un paradosso conosciuto ormai da decine di anni. Al sud, infatti, avviene da tempo immemorabile<br />
che con le sovvenzioni dell’Unione Europea si permette ai grandi latifondisti di guadagnare e speculare<br />
distruggendo le arance piuttosto che regalandole. Quindi la questione dell’orizzonte in cui inserire l’insieme<br />
di queste esperienze, di questi comportamenti, di questi nuovi modelli di riferimento, è una questione<br />
estremamente importante, cui, tramite il progetto dei distretti di economia solidale si cerca di rispondere.<br />
Un altro elemento rilevante nel comportamento dei GAS è l’aspetto che potremmo definire “conservatoristico”:<br />
ovvero la tendenza al limitare la propria azione al consumo responsabile, senza fare i conti con l’insieme<br />
dei problemi che caratterizzano invece il terreno, la cornice, l’ambito di riferimento anche del consumo<br />
critico.<br />
La terza questione è legata alle reti, che mi permette di ritornare brevemente al mio intervento. Le reti si auto-organizzano,<br />
secondo diversi modelli. Abbiamo studiato quelli di Maturadad e di Varelak, due biologi cileni<br />
che hanno scritto molto sull’autopoiesi, sull’auto-organizzazione dei sistemi complessi nelle reti naturali,<br />
cioè nei fenomeni complessi che sono rappresentati da reti altrettanto complesse. Dal mio punto di vista<br />
però questo non si può trasferire meccanicamente nelle reti sociali, applicando la teoria generale delle reti,<br />
che è stata ripresa da alcuni studiosi, tra cui il fisico Barabasi. Le reti sono di per sé aristocratiche, non sono<br />
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