L'altra agricoltura… - Inea
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pensare ai sistemi di scambio dell’innovazione del sapere alla pari tra agricoltori, almeno nei paesi del sud<br />
dove è stato studiato. Qui lo scambio come si diceva prima diventa produttivo. Un professore dell’Università<br />
di Firenze, un genetista, invece di fare la classica lezione, va dall’agricoltore francese, e prende semi per la<br />
sua collezione di università; secondo me questo da un po’ l’idea del fatto che possiamo cambiare questi rapporti<br />
tra ricercatori e agricoltori. L’esperienza francese negli anni è cominciata con la selezione partecipativa<br />
del 2001, su alcune poche culture (mais, girasole, frumento), nel 2005 sono aumentate le culture, e nel<br />
2006 ancora di più; quindi la selezione partecipativa in Francia sta diventando qualcosa che interessa sempre<br />
di più agricoltori e ricercatori.<br />
Rispetto all’Italia, c’è stata una difficoltà in più, cioè queste varietà non c’erano. L’inizio del lavoro della rete<br />
francese è partito da una situazione iniziale ristretta, 30-40 ettari, si trattava di una realtà basata su pratiche<br />
biologiche, non avevano le varietà che servivano, quindi sono andati a cercarle. Nei campi non c’erano<br />
più, ma con la ricerca hanno aperto le banche La ricerca gli ha permesso di avere sementi che venivano<br />
dalle banche del seme francese. Questo lo stanno facendo un po’ con tutte le colture. In Italia è diverso, noi<br />
abbiamo ancora una base di varietà locali coltivate dagli agricoltori nelle aziende, quindi potremmo veramente<br />
fare un buon lavoro se la ricerca cominciasse ad occuparsi degli agricoltori e di queste tematiche. Non<br />
c’è bisogno di andare ad aprire le banche, anche se sarebbe interessante.<br />
Infine, oltre che lavorare in rete a livello europeo (non so se è fortuna, o è grazie al sostegno soprattutto dell’INRA,<br />
capofila di questo progetto), l’anno corso abbiamo vinto un bando dello stesso programma quadro,<br />
un bando specifico per fare ricerca finalizzata alle politiche, in cui abbiamo tutti i partner delle varie reti<br />
(quella francese, quella italiana, l’AIAB, quella spagnola, più alcuni siti di ricerca), la cui finalità è quella di<br />
proporre a Bruxelles una serie di normative che tengano conto di tutte queste realtà, che però non sono abbastanza<br />
visibili. Questa è la partnership del progetto europeo: abbiamo istituti, associazioni di agricoltori biologici<br />
delle varie reti sementi, e anche una buona rappresentanza tra nord e sud (ci sono olandesi, svizzeri<br />
ma anche spagnoli, italiani). Questo è molto importante, perché su queste tematiche non la pensiamo allo<br />
stesso modo, il dibattito che ne segue, a livello europeo, è molto forte. Ovviamente i soggetti coinvolti, provenienti<br />
da realtà differenti e distanti tra loro, hanno un altro modello agricolo diverso e su queste cose sono<br />
più avanti rispetto a noi, anche dal punto di vista normativo, oltre che biologico.<br />
Recentemente c’è stata una polemica legata alle sementi biologiche da utilizzare in Europa, e gli svizzeri, che<br />
fanno parte di questo progetto, hanno suggerito che le sementi biologiche devono essere certificate. Invece,<br />
quello che stiamo portando avanti come punto di vista del sud è il fatto che queste sementi devono essere<br />
adatte ai sistemi agricoli, non ci importa nulla che siano certificate o meno, è più importante che siano adatte<br />
ai sistemi agricoli.<br />
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