L'altra agricoltura… - Inea
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mazione della società e sostenuto da narrative teoretiche neoevoluzioniste”. E i due autori aggiungono:<br />
“Mentre la modernità implica autorganizzazione e pratiche trasformative in differenti strati e settori della società,<br />
la modernizzazione è un’iniziativa politica intrapresa e implementata da élite amministrative e tecnologiche<br />
cosmopolite (nazionali o internazionali)”. Lo sforzo etnografico deve essere dunque teso all’analisi<br />
delle pratiche localizzate e multiple che focalizzano sull’elaborazione del cambiamento. Secondo Arce e Long<br />
la differenziazione “...riguarda le allocazioni delle responsabilità, del tempo e delle identità”, volendo così<br />
decifrare la riflessività degli attori sociali riguardo al cambiamento, il loro posizionamento rispetto alle condizioni<br />
materiali di vita, ai fattori che le determinano, alle appartenenze, e al sé. L’eterogeneità delle pratiche<br />
agricole, dei modi di produrre (farm styles) e delle forme di organizzazione comunitaria, associativi o afferenti<br />
a un ambito territoriale locale (folk styles) rappresentano innovazioni concrete per ridurre il grado di<br />
mercificazione e incorporazione nel sistema politico-scientifico-tecnologico di governo, e ciò attraverso: l’appropriazione<br />
ed il riadattamento delle tecnologie alla propria logica produttiva, la ricerca di un nuovo e diverso<br />
rapporto con la natura, la rivitalizzazione del territorio, l’auto-governo delle risorse, la produzione di<br />
una pluralità di relazioni.<br />
La varietà delle pratiche agricole si condensa nell’individuazione di una serie di principi, preambolo alla definizione<br />
di nuove contadinità che, a partire dalla riconversione produttiva, dalla moltiplicazione delle fonti<br />
di reddito, dalla innovazione delle tecniche e dei saperi, dalla strutturazione di nuove relazioni sociali, sono<br />
innanzitutto alla ricerca di una diversa dimensione sociale. Questi principi possono sintetizzarsi nella durabilità<br />
o sostenibilità, nella qualità e nell’autonomia.<br />
L’attuale “questione agraria”, descritta come multidimensionale, deriva da una de-connessione dell’agricoltura<br />
dalla natura (risorse biologiche e ambientali, paesaggio), dagli attori coinvolti (in primo luogo gli agricoltori)<br />
e dalla società (dai consumatori, dal patrimonio di saperi locali, dal contesto delle relazioni territoriali).<br />
L’agricoltura contadina costruisce gli strumenti della sua resistenza al modello dominante attraverso una<br />
ricomposizione di queste fratture. Dandosi come obiettivo la riproduzione delle proprie condizioni di esistenza,<br />
le nuove contadinità si sviluppano dunque attraverso: 1) una nuova definizione della qualità agroalimentare,<br />
nella strutturazione di relazioni sociale, condivisione delle responsabilità e riscoperta della centralità<br />
del cibo; 2) la costruzione di una nuova economia, nell’auto-gestione delle risorse, nella pluriattività<br />
o multifunzionalità, con l’innovazione di tecniche e saperi; 3) il territorio, con la salvaguardia delle risorse ambientali<br />
e culturali, la costruzione di nuovi legami, alleanze e forme di cooperazione extra-territoriali e interterritoriali.<br />
(figura 1)<br />
La qualità è costruita a partire dalle relazioni sociali e quindi anche attraverso forme di cooperazione che legano<br />
il cibo e il territorio, territorio concepito a sua volta attraverso una rispazializzazione delle relazioni, che<br />
coinvolge contesti e attori diversi. La svolta qualitativa in agricoltura ha visto il diffondersi di innovazioni nei<br />
saperi e nelle tecniche di produzione (come per l’agricoltura agro-ecologica o i metodi dell’agricoltura biodinamica,<br />
sincretica, della permacultura), ma soprattutto lo sviluppo di circuiti di commercializzazione socialmente<br />
controllati e di filiere corte, di “pratiche di controllo” informali diverse legate alla costruzione di relazioni<br />
di fiducia e di reciprocità.<br />
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