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L'altra agricoltura… - Inea

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L’ATTIVITÀ CONTADINA NELLE AREE FRAGILI:<br />

CASI STUDIO NELL’APPENNINO LIGURE-PIEMONTESE<br />

DI GIOVANNI CARROSIO<br />

Il titolo del mio intervento è: L’attività contadina nelle aree fragili dell’Appennino ligure-piemontese. In particolare,<br />

analizzerò il caso della cooperativa agricola Valli Unite e del consorzio della Patata Quarantina.<br />

Il caso della cooperativa agricola Valli Unite illustra quali sono i processi e come si sviluppano le innovazioni,<br />

come si consolidano, come si diffondono in questi territori delle aree fragili che comprendono l’Alta Carnia,<br />

il Delta del Po, parte della montagna cuneese, ...Un’area vastissima, una parte dell’Appennino che confina<br />

con la provincia di Genova, Pavia, Alessandria e Piacenza. Tutte aree che si stanno spopolando, a bassissima<br />

densità abitativa, dal punto di vista geografico sono abbastanza distanti dai centri urbani.<br />

Nonostante il nostro obiettivo di ricerca fosse studiare mobilità, spopolamento e ripopolamento, ci siamo imbattuti<br />

in casi di “nuove contadinità”, e abbiamo iniziato ad occuparci anche di questo. L’area di cui vi parlerò<br />

è l’area di confine tra le quattro province, in cui il tessuto produttivo è quasi inesistente e prevale un’agricoltura<br />

tradizionale. Per tradizionale non intendo convenzionale, ma legata all’agricoltura dei nostri nonni,<br />

all’autoconsumo, quindi l’orto, l’autoproduzione alimentare, farina, allevamento di animali da cortile.<br />

L’agricoltura meccanizzata qui non si è mai diffusa, soprattutto per la struttura morfologica del territorio, si<br />

tratta di territorio impervio, caratterizzato da instabilità idrogeologica, in cui si è diffusa solo una piccola<br />

meccanizzazione e tecnologie appropriate per la montagna, soprattutto ultimamente. I processi di modernizzazione<br />

in queste aree non hanno mai modificato in maniera diretta la struttura produttiva locale, ma<br />

l’hanno erosa dal di fuori, attirando i giovani nelle aziende di pianura e nelle fabbriche, rendendo l’agricoltura<br />

di montagna priva di risorse umane, ma anche incapace di competere con l’agricoltura intensiva di pianura.<br />

Qualche dato in generale sulla Cooperativa. Si tratta di una cooperativa agricola biologica, che ha 16<br />

soci, più 10 lavoratori stagionali, 70 ettari coltivati a grano, orzo, farro, secondo una rotazione, 15 ettari di<br />

pini, 20 ettari di bosco, 40 vitelli da carne, vacche da latte soprattutto per l’autoconsumo, 70 suini, un agriturismo<br />

e la fattoria didattica. Una realtà molto grande per il territorio nel quale si colloca, infatti, la chiamano<br />

la Fiat della Valle Curona.<br />

Una genesi sugli attori di questa esperienza. Nel 1977, Fabio, Danilo e Cesare, figli di contadini, si ritrovano.<br />

Uno di loro vuole continuare l’attività agricola del padre che era viticoltore, gli altri due, invece, sono già<br />

a lavorare nelle fabbriche. Fabio, perspicace, continua l’attività agricola e riesce a convincere i suoi amici ad<br />

unirsi a lui, nasce così questo piccolo nucleo di tre agricoltori. L’idea principale era quella di costruire una<br />

stalla sociale, in quanto era sorto il problema della dipendenza dai fertilizzanti chimici. I tre hanno capito che<br />

il modo migliore per recuperare l’agricoltura contadina e riconquistare l’autonomia era quello di ricostruire<br />

il ciclo ecologico quindi ripartire dai bovini. In problema è che non riescono a convincere nessuno in Valle a<br />

sostenerli nella creazione della stalla sociale. Il “sociale” fa inalberare la tradizione democristiana dell’area!<br />

Quindi si diffonde tra loro la sfiducia. Per fortuna, nel 1981 questi tre giovani iniziano ad imbattersi in un<br />

movimento che si stava creando nella zona.<br />

RETELEADER 145

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