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L'altra agricoltura… - Inea

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consentono, in primo luogo, di restare nei campi, poi di non farsi cacciare via, di recuperare dignità, infine,<br />

forse, di avere una prospettiva (anche se questo è ancora in discussione). Questo è l’altro elemento importante<br />

e nuovo, che giustifica anche l’interesse crescente suscitato: si ha produzione sociale, che si genera in<br />

maniera assolutamente spontanea. La società ha reagito bene e ha dato una visibilità incredibile al movimento<br />

contadino organizzato e anche a figure di questo movimento, proprio perché da qualche parte è vissuto<br />

come qualcosa di più solido di una costruzione politica astratta.<br />

All’interno della politica ognuno ha le sue teorie! Ma nella realtà concreta le cose sono molto difficili da articolare;<br />

pertanto, se non si sta dietro alle esperienze dirette del territorio, se non si conoscono le dinamiche,<br />

dove i cambiamenti più significativi sono anche quelli meno visibili, non si va da nessuna parte.<br />

Pensiamo alle battaglie, anche informali, che vengono condotte, alla produzione di legislazioni che origina<br />

da questo movimento. Ma in realtà quanti hanno la capacità di produrre soluzioni concrete sul fronte più<br />

difficile quale è quello dei movimenti sociali radicali, quello della pratica, quello che noi chiamiamo la “guerriglia<br />

istituzionale”? La soluzione sarebbe negoziare i contenuti e le basi giuridiche a partire dalla forza e dal<br />

punto di vista dei movimenti, che è ciò che, per esempio, la classe operaia ha fatto solo in un periodo molto<br />

particolare, disponendo di una forza immane, i sindacati, che erano capaci in un pomeriggio di far cadere un<br />

governo. Tutto questo nel nostro paese è stato superato da un po’ di anni, oggi sono altri gli elementi che fanno<br />

cadere il governo!<br />

Questi argomenti trovano nel discorso sull’agrobiodiversià degli elementi di chiarificazione. È assolutamente<br />

chiaro che le resistenze contadine hanno dei punti di forza. L’agrobiodiversità è quello che è più facile da<br />

interpretare, ma non è l’unico. Si potrebbe discutere a lungo sulla capacità del riuso dei mezzi meccanici, ci<br />

sono tutta una serie di aggiustamenti che vengono fatti dal contadino sui strumenti della lavorazione agricola<br />

vecchi di trent’anni! L’agrobiodiversità, invece, spiega molto bene un elemento fondamentale dello sviluppo<br />

dell’agricoltura che è il materiale da moltiplicazione. Diversi sono gli elementi che ruotano intorno alla<br />

questione dell’agrobiodiversità. Il mantenimento della biodiversità nei campi ha una rilevanza in rapporto<br />

all’economia, all’organizzazione del lavoro, alla struttura produttiva: tutti aspetti significativi a livello “locali”,<br />

territoriale, ma abbastanza simili in tutto il pianeta. Tuttavia, ad essere diverse sono le modalità con cui<br />

interagiscono fra loro.<br />

Il primo progetto di recupero e valorizzazione delle varietà locali è stato promosso nel 1981, in una zona di<br />

guerra nel nord del Mozambico, producendo sementi per una regione grande come il Belgio. L’azione veniva<br />

realizzata in una regione dove si viveva concretamente il problema della fame, e siccome le sementi non<br />

arrivavano, bisognava produrle autonomamente, utilizzando quindi delle varietà locali. L’aspetto interessante<br />

è che, a distanza di tanti anni, le due cooperative che hanno guidato queste azioni sperdute, nei pressi<br />

del Lago Niassa, occupano oggi i posti chiave nell’UNAC (Uniao Nacional de Camponeses), che è un movimento<br />

contadino del Mozambico membro della Via Cambesina. Quindi, quelle antichissime esperienze (risalenti<br />

appunto all’81), hanno raggiunto traguardi importanti. L’aspetto emerso con forza, che evidenzia il legame<br />

molto forte con la sovranità alimentare, è che il vero obiettivo non era il recupero, non era neanche<br />

la valorizzazione (e a questo proposito possiamo sviluppare una critica molto pertinente all’approccio Slow-<br />

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