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volume - Camera dei Deputati

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Appunti sulle questioni sottoposte alla Corte<br />

costanza che la disciplina in questione non sarebbe rivolta ai reati commessi nell’esercizio<br />

delle funzioni istituzionali, applicandosi invece a «tutti i reati [extrafunzionali] indistintamente<br />

commessi dai soggetti ivi indicati, di qualsivoglia natura e gravità, finanche<br />

prima dell’assunzione della funzione pubblica».<br />

Dalla lettera dell’ordinanza, per la verità, sembrerebbe potersi ricavare un ulteriore<br />

autonomo profilo di censura, in relazione alla facoltà di rinuncia alla sospensione processuale<br />

riconosciuta all’interessato, anche se il rimettente lo inserisce nel contesto argomentativo<br />

della terza questione e non invoca, in proposito, parametri costituzionali<br />

espliciti. A sgombrare il campo da qualunque dubbio sulla stessa configurabilità di tale<br />

questione, è però determinante il fatto che il GIP di Roma abbia censurato il solo comma<br />

1 dell’art. 1 della l. n. 124 e non anche il comma 2 che contiene la previsione della<br />

rinunciabilità.<br />

3. La I Sezione del Tribunale di Milano ha sollevato due questioni di legittimità costituzionale<br />

dell’art. 1, commi 1 e 7, della l. n. 124 del 2008.<br />

Con la prima questione il giudice a quo contesta la violazione dell’art. 138 Cost., dal<br />

momento che la previsione di un’ipotesi di sospensione del processo penale a favore<br />

delle quattro alte cariche contemplate dalle norme censurate non riguarda il regolare<br />

funzionamento del processo, «bensì le prerogative di organi costituzionali e comunque<br />

materie già riservate dal legislatore costituente alla Costituzione» (sic!), «così come dimostrato<br />

dalla circostanza che tutti i rapporti tra gli organi con rilevanza costituzionale<br />

ed il processo penale sono definiti con norma costituzionale»; «l’intervento legislativo<br />

incide, infatti, su plurimi ulteriori interessi di rango costituzionale quali la ragionevole<br />

durata del processo (art. 111 Cost.) e l’obbligatorietà dell’azione penale (art. 112 Cost.),<br />

comunque vulnerata seppur non integralmente compromessa, per cui il loro bilanciamento<br />

deve necessariamente avvenire con norma costituzionale».<br />

Con la seconda questione, il giudice rimettente contesta la violazione dell’art. 136<br />

Cost., dal momento che le norme in esame – pur avendo eliminato alcuni punti già censurati<br />

dalla Corte ed in particolare l’indeterminatezza del periodo di sospensione con<br />

l’esclusione della reiterabilità della stessa in caso di nuovo incarico istituzionale (comma<br />

5), e pur garantendo il diritto al processo sia all’imputato che alla parte civile (commi<br />

2 e 6) – avrebbero «riproposto la medesima disciplina» già dichiarata costituzionalmente<br />

illegittima, nella sent. n. 24 del 2004, sotto il profilo della violazione dell’art. 3<br />

Cost., «per aver accomunato “in una unica disciplina cariche diverse non soltanto per le<br />

fonti di investitura, ma anche per la natura delle funzioni”, ed inoltre per aver distinto<br />

irragionevolmente e “per la prima volta sotto il profilo della parità riguardo ai principi<br />

fondamentali della giurisdizione, i Presidenti delle Camere, del Consiglio <strong>dei</strong> ministri ...<br />

rispetto agli altri componenti degli organi da loro presieduti”».<br />

Ben più complicata si presenta l’opera di ricostruzione delle molteplici questioni sollevate<br />

nell’ordinanza della X Sezione del Tribunale di Milano nei confronti dell’intero<br />

art. 1 della l. n. 124 del 2008.<br />

Anche in questo caso, la prima questione è senza dubbio quella individuata nell’asserito<br />

contrasto con l’art. 138 Cost. Sul punto, l’argomentazione utilizzata dal giudice<br />

rimettente può essere identificata nei termini seguenti: tale contrasto con l’art. 138 Cost.<br />

sussisterebbe in ragione del fatto che «la normativa sullo status <strong>dei</strong> titolari delle più alte<br />

istituzioni della Repubblica è in sé materia tipicamente costituzionale», dal momento<br />

che «tutte le disposizioni che limitano o differiscono nel tempo la loro responsabilità si<br />

pongono quali eccezioni rispetto al principio generale di eguaglianza di tutti i cittadini<br />

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