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volume - Camera dei Deputati

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306<br />

Giulio Maria Salerno<br />

costituzionalità in oggetto, in definitiva dal dibattito emerge che la predetta pronuncia<br />

potrebbe essere considerata quasi la “causa prima” della l. n. 124 del 2008. Di molti aspetti<br />

della legge, infatti, la sentenza della Corte costituzionale rappresenta la scaturigine<br />

vera e propria, non solo perché la legge adesso vigente ha confermato l’intento di tutelare<br />

quell’interesse “apprezzabile” dal legislatore sul quale qui molto si è detto, ma<br />

anche perché non vi è dubbio che l’impostazione assunta nella sent. del 2004 ha sostanzialmente<br />

consentito che il legislatore tornasse a legiferare sul punto, proprio in quanto<br />

si sono definiti e precisati i limiti e le condizioni del futuro intervento del Parlamento.<br />

Circa la rinunciabilità alla sospensione <strong>dei</strong> processi penali da parte dello stesso imputato,<br />

certo una siffatta impostazione implica aver dato prevalenza alla valutazione compiuta<br />

dal soggetto privato. Ma non va dimenticato che la stessa Corte costituzionale, nella<br />

sentenza da ultimo citata, aveva parlato espressamente di “diritto dell’imputato”, e se si<br />

tratta della necessità di tutelare un diritto dell’imputato, allora è il soggetto stesso che<br />

deve esercitare direttamente tale opzione; in altri termini, non possono essere altri – e<br />

cioè, ad esempio, l’organo collegiale di cui fa parte – ad agire in sua vece o in sua sostituzione.<br />

Quindi, ne risulta confermato che per alcuni aspetti la sentenza adesso ricordata<br />

abbia indotto o comunque condizionato il concreto determinarsi del contenuto della legge<br />

qui in esame.<br />

Sul tema generalissimo del costituzionalismo, non può che ribadirsi che il nostro comune<br />

obiettivo è quello di assicurare il rispetto della vigente Costituzione. E se qui si<br />

intendono approfondire elementi di riflessione utili per il giudice delle leggi, è chiaro<br />

che tutti dobbiamo partire dal presupposto imprescindibile di prendere sul serio le sentenze<br />

della stessa Corte costituzionale nella loro interezza. Se invece si accettasse il presupposto<br />

– a mio avviso, del tutto sbagliato – secondo cui le sentenze della Corte andrebbero<br />

considerate soltanto come il risultato numerico determinato dalla contingente<br />

presenza di una certa maggioranza al suo interno, e che le motivazioni addotte nel Considerato<br />

in diritto sarebbero mera – o, peggio ancora, ipocrita – “copertura” aggiunta a<br />

posteriori, allora gli sforzi della dottrina risulterebbero così sviliti da rendere il suo<br />

compito in vero del tutto annullato. Se la giurisprudenza offerta dalla Corte costituzionale,<br />

nelle sue molteplici precisazioni e puntualizzazioni, è la modalità di espressione di<br />

una delle più rilevanti forme di garanzia della Costituzione che ci è stata offerta dal costituente,<br />

ad essa dobbiamo il necessario rispetto.

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