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volume - Camera dei Deputati

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La sospensione <strong>dei</strong> processi per le alte cariche nella legge n. 124 del 2008<br />

nenti del C.s.m. introdotta con legge ordinaria proprio in quanto mera causa di non punibilità,<br />

e non vera e propria immunità (decisione discutibile finché si vuole, ma volta in<br />

ogni caso ad escludere ogni competenza generale della legge ordinaria in materia di<br />

immunità).<br />

Come noto, è stato osservato che un provvedimento del genere, in quanto deroga al<br />

principio supremo di eguaglianza, risulterebbe comunque illegittimo anche se adottato<br />

seguendo il procedimento previsto dall’art. 138 Cost. Tale impostazione (anche se in<br />

modo contraddittorio, è stata riproposta anche nell’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di<br />

Roma). Tuttavia, sembra utile ribadirlo nuovamente, il principio di eguaglianza non richiede<br />

sempre un medesimo trattamento normativo di ogni possibile situazione, prevedendo<br />

invece una ragionevole diversificazione di quelle situazioni che risultino ragionevolmente<br />

differenti in via di fatto. Se questo è vero, non vi è chi non veda come la circostanza<br />

di essere temporaneamente titolari di un organo costituzionale ben rappresenta<br />

quella ragionevole ipotesi di diversificazione normativa di cui si diceva. Altrimenti, a<br />

tacer d’altro, dovremmo dubitare della stessa legittimità delle disposizioni costituzionali<br />

in materia di immunità! Il tutto allora sta nell’individuare strumenti proporzionati ed adeguati<br />

alle funzioni <strong>dei</strong> singoli organi costituzionali le cui funzioni si vogliono tutelare,<br />

nell’ambito del complessivo sistema di pesi e contrappesi previsto dalla nostra Carta<br />

fondamentale.<br />

In ogni caso, anche qualora si volesse intendere l’attuale disciplina in merito alla sospensione<br />

<strong>dei</strong> processi per le alte cariche dello Stato come mero strumento processuale,<br />

la sua illegittimità costituzionale risulterebbe evidente, in quanto provvedimento del tutto<br />

irrazionale. Si tratterebbe, infatti, di una sospensione processuale volta a tutelare l’interesse,<br />

definito dalla stessa Corte “costituzionalmente apprezzabile”, al libero svolgimento<br />

delle funzioni delle cariche istituzionali citate (laddove la serenità, per ovvi motivi,<br />

deve essere letta in senso strettamente oggettivo, e non certo soggettivo o psicologico).<br />

Tuttavia, come specificato dalla Corte nella già citata sent. n. 24/2004, le ipotesi di<br />

sospensione generalmente previste dal codice di procedura penale mirano a soddisfare<br />

esigenze oggettive del processo e “sono finalizzate a realizzare le condizioni perché esso<br />

abbia svolgimento ed esito regolari, anche se ciò può comportare la temporanea compressione<br />

<strong>dei</strong> diritti che vi sono coinvolti”.<br />

Ebbene, sul punto sembra che la l. n. 124 del 2008 appaia del tutto incongrua, consentendo<br />

l’attivazione o meno della sospensione sulla base della mera volontà dell’imputato<br />

titolare della carica istituzionale, che può espressamente rinunciarvi. Paradossalmente,<br />

quindi, il già citato tentativo di superare le obiezioni della Corte costituzionale in<br />

merito all’automaticità della sospensione a suo tempo prevista dall’art. 1 della l. n. 140<br />

del 2003 porta ad un contrasto con la natura essenzialmente oggettiva del regime delle<br />

sospensioni processuali.<br />

Espressamente finalizzata alla tutela del libero esercizio delle funzioni costituzionali<br />

della alte cariche dello Stato, l’attuale disciplina finisce, quindi, per essere sostanzialmente<br />

irrazionale. Ciò, a ben vedere, sembra confermato anche da ulteriori (già citate)<br />

caratteristiche della l. n. 124 del 2008, come la previsione della possibilità per il giudice<br />

penale di assumere comunque le prove non rinviabili, o la possibilità per la parte offesa<br />

costituita in giudizio di trasferire la sua azione in sede civile. Come immaginare, infatti,<br />

che l’interesse costituzionalmente apprezzabile al libero svolgimento delle funzioni istituzionali<br />

non possa essere menomato da tali, pur limitate, attività processuali penali? E<br />

in base a quale assunto lo svolgimento di un eventuale giudizio civile, avente ad oggetto<br />

sostanzialmente i medesimi fatti, inciderebbe in maniera minore sullo stesso interesse?<br />

Più in generale, inoltre, tale disciplina processuale sembrerebbe incidere anche<br />

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