volume - Camera dei Deputati
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Claudio Martinelli<br />
me disse la Corte nella sent. n. 24/2004 anche le cause extraprocessuali possono essere<br />
causa di sospensione del processo), il punto focale è che le eventuali ragioni di conflitto<br />
con la celebrazione di un processo sono da valutare sul piano costituzionale e, come<br />
mostrato prima, l’utilizzo di uno strumento giuridico che non sia la legge costituzionale<br />
rischia inevitabilmente di collidere con il complesso statuto immunitario già presente<br />
nell’impianto della nostra legge fondamentale. Uno statuto che, come detto, disciplina<br />
sia la protezione di atti funzionali che di atti extrafunzionali.<br />
E del resto questa impostazione è pienamente coerente proprio con la giurisprudenza<br />
costituzionale che più volte ha avuto occasione di pronunciarsi esplicitamente sulla possibilità<br />
di istituire prerogative solo in capo al legislatore costituzionale. Prima della sent.<br />
n. 24/2004, con due sentenze degli anni ’80 riguardanti casi che anzi avrebbero potuto<br />
prestare il fianco a qualche dubbio in tal senso. Mi riferisco alle sentenze n. 148/1983<br />
(immunità <strong>dei</strong> membri del CSM) e n. 300/1984 (prerogative a favore <strong>dei</strong> parlamentari<br />
europei), nella cui motivazione la Corte osserva che: “l’ipotesi in esame riguarda autorizzazione<br />
a procedere nei confronti del soggetto attivo del fatto di reato e sul punto s’é<br />
visto quanto generale ormai sembri la concordia della giurisprudenza, della dottrina e<br />
dello stesso legislatore, nell’escludere che, attraverso legge ordinaria, sia ammissibile<br />
un’integrazione dell’art. 68, secondo comma, Cost., e comunque la posizione di una<br />
norma che attribuisca analoghe prerogative”; ma anche dopo quella sentenza, con le<br />
più recenti pronunce nn. 120/2004 e 149/2007.<br />
In questo quadro le due note del Quirinale del 2 e 23 luglio 2008 appaiono come irrilevanti<br />
rispetto al giudizio di costituzionalità. La prima nota, emessa in occasione<br />
dell’autorizzazione alla presentazione del disegno di legge (il cui contenuto sarà poi richiamato<br />
e confermato dalla seconda, intervenuta in sede di promulgazione), si limita a<br />
prendere atto delle intervenute modificazioni delle norme della l. n. 140 del 2003 oggetto<br />
delle censure della Corte costituzionale, in un senso che, a detta della presidenza della<br />
Repubblica, soddisfaceva quei rilievi, e siccome quella sentenza della Corte non sanciva<br />
la necessità di adottare una legge costituzionale non venivano riscontrati motivi per rifiutare<br />
l’autorizzazione alla presentazione del disegno di legge (e successivamente alla<br />
sua promulgazione). Ora, a prescindere dal fatto di essere d’accordo o meno con il Quirinale<br />
sull’assunto che l’articolato della legge Alfano vada completamente incontro alle<br />
antinomie costituzionali riscontrate dalla Corte nel 2004, appare evidente come quei<br />
comunicati si tengano su un piano che non incrocia minimamente quello del sindacato<br />
di costituzionalità. I comunicati si limitano a richiamare alcuni passaggi della sentenza<br />
della Corte e a dire che “a un primo esame” il progetto di legge corrisponde ad essi. E<br />
tutto ciò all’esclusivo fine di valutare l’esistenza o meno di impedimenti alla sua presentazione<br />
e poi promulgazione. Non sembra riscontrabile alcuna intenzione del Colle di<br />
condizionare o pregiudicare un eventuale successivo esame della Corte costituzionale,<br />
anzi appare caso mai l’intenzione di ribadire la distinzione <strong>dei</strong> ruoli che i due organi sono<br />
chiamati a compiere nelle loro rispettive e diverse funzioni di garanzia degli equilibri<br />
costituzionali, in armonia, d’altro canto, con quanto la maggior parte della dottrina è<br />
sempre più propensa a sostenere.<br />
3. Esposte le ragioni per cui in una materia come questa è del tutto fuori luogo procedere<br />
con una legge ordinaria, resta ora da affrontate il nodo della praticabilità di<br />
un’eventuale legge costituzionale. Vi è un passaggio nell’ordinanza emessa dal Gip di<br />
Roma che presenta qualche elemento di ambiguità: “nessuna legge, sia costituzionale e<br />
tanto meno ordinaria, può sovvertire uno <strong>dei</strong> principi fondamentali dello Stato di dirit-