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volume - Camera dei Deputati

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214<br />

Andrea Pugiotto<br />

Non è solo il buon senso ad andare in cortocircuito.<br />

Vorrei ricordare come – ai sensi dell’art. 54, comma 2, Cost. – «i cittadini cui sono<br />

affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore».<br />

L’apparente ovvietà di quanto prescritto da questa disposizione costituzionale viene capovolta<br />

nel suo contrario dalla l. n. 124 del 2008: per il lodo, infatti, il soggetto colto<br />

nella flagranza di un qualsiasi reato (anche di sangue, anche il più infamante) e per questo<br />

provvisoriamente ristretto in galera, resta comunque al suo posto – serenamente, pacatamente<br />

– messo al riparo da ogni accertamento dibattimentale fino a scadenza del suo<br />

ufficio.<br />

È la logica costituzionale, qui, a cortocircuitare. Perché essere titolari pro tempore di<br />

un’Alta carica significa essere pubblici funzionari, essere cioè delle istituzioni nel senso<br />

di appartenere ad esse (e non che esse appartengono a noi).<br />

Di più. La necessità di un’adeguata tutela «anche sotto il profilo dell’onore e del prestigio,<br />

per i naturali riverberi negativi che» potrebbero determinarsi «sul corretto e sereno<br />

svolgimento delle funzioni» istituzionali, è categoria che la Corte costituzionale ha<br />

già adoperato in altra occasione: quando si è trattato di giustificare la previsione del reato<br />

di oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, punito fino a quattro<br />

anni di reclusione ex art. 342 del c.p. 9 .<br />

Ci troviamo così con una norma penale a tutela della serenità nell’esercizio di funzioni<br />

pubbliche (sotto il profilo dell’onore e del prestigio) costretta ora a convivere con<br />

una norma processuale la quale assicura, in nome di quella stessa serenità, la permanenza<br />

in carica anche di chi, colto in flagranza di reato, quel prestigio e quel onore ha irrimediabilmente<br />

leso. Non è anche questa un’asimmetria normativa, sintomo di<br />

un’irrazionalità ordinamentale?<br />

6. La quinta figurina è particolarmente pregiata: è una bisvalida, come si diceva da<br />

bambini.<br />

«Salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione»: così recita, benignamente,<br />

la l. n. 124 del 2008. E i casi di cui all’art. 68 Cost., che per ragioni di gerarchia<br />

delle fonti il lodo è pure tenuto a rispettare?<br />

tuazione descritta sarebbe il risultato di un «equilibrato bilanciamento» tra le esigenze perseguite dalla l. n.<br />

124 del 2008 e il principio dell’obbligatorietà dell’azione penale. Si accorge invece dell’insensatezza della<br />

cosa, già nel vigore del precedente lodo Maccanico, G. PANSINI, Parere pro-veritate (mai pubblicato, se ne<br />

conoscono ampi stralci riportati testualmente nell’intervento dell’allora Guardasigilli Castelli al Senato,<br />

seduta del 29 luglio 2003), che però usa l’argomento per giustificare l’estensione della stasi processuale<br />

anche alla fase delle indagini preliminari. A tale estensione fa ora cenno G.M. SALERNO, Salvo il diritto<br />

alla formazione delle prove, in Guida dir., 2008, n. 32, 15, con riferimento alla possibilista formulazione<br />

della l. n. 124 del 2008 che introduce una sospensione processuale «in ogni fase, stato o grado»; ma vedi,<br />

contra, D. NEGRI, Immunità parlamentare (dir. proc. pen.), in Enc. dir., Giuffrè, Milano, 2008, Annali II,<br />

tomo II, 680, nota 43; G. FRIGO, I profili procedurali, cit., 1227, 1231-1232.<br />

Ora come allora, l’ipotesi di una sospensione dell’intero procedimento andrebbe incontro a robusti<br />

rilievi d’incostituzionalità (cfr. A. PUGIOTTO, Apparenza e sostanza normativa: i nodi costituzionali del<br />

«lodo Maccanico», in Scritti in memoria di Livio Paladin, Jovene, Napoli 2003, 1822-1828), adesso<br />

veicolati dall’ordinanza 9 luglio 2008 del G.i.p. presso il Tribunale di Roma (la si può leggere in<br />

http://www.unife.it/amicuscuriae), presumibilmente al fine di ottenere dalla Corte costituzionale un pronunciamento<br />

interpretativo sulla disposizione impugnata (anche nella forma dell’inammissibilità per<br />

mancata interpretazione adeguatrice o per difetto di rilevanza), di cui verrebbe così certificata<br />

l’applicabilità alla sola fase dibattimentale.<br />

9 Così nelle decisioni nn. 313/1995 e 428/1996.

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