volume - Camera dei Deputati
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212<br />
Andrea Pugiotto<br />
bile di reato funzionale, per il quale sarà sottoposto a giudizio e di cui risponderà (salvo<br />
venga riconosciuta l’esimente di aver agito per “preminenti interessi di Stato”).<br />
Se invece quello stesso Presidente del Consiglio, assecondando una propria inclinazione<br />
al sadismo da “borghese piccolo piccolo”, assolda terzi perché prelevino e torturino<br />
una persona, è imputabile di reato comune: dunque non accertabile in sede dibattimentale<br />
per l’intera durata della sua carica (salvo rinunci volontariamente alla stasi processuale<br />
prevista dalla l. n. 124 del 2008).<br />
Alla evidente impossibilità di procrastinare l’accertamento circa l’abuso della posizione<br />
istituzionale di capo del Governo, fa da pendant la curiosa idea che, invece, il torturatore<br />
fai-da-te, Presidente del Consiglio pro tempore, possa essere sì fatto oggetto di<br />
indagini investigative stringenti, di accertamenti probatori non dilazionabili, finanche di<br />
formale rinvio a giudizio, ma non sia sottoponibile a processo per tutta la durata del suo<br />
ufficio.<br />
Ne va della sua serenità. E la serenità delle istituzioni?<br />
3. La seconda figurina rappresenta un bersaglio mancato.<br />
È stato scritto – anzi: sottoscritto – che la l. n. 124 del 2008 consente «a chi ha responsabilità<br />
di governo di dedicarsi a esse con la necessaria serenità e il dovuto impegno»<br />
3 . Davvero è così?<br />
Qui la fantasia è aiutata dalla realtà. Il caso che ipotizzo è quello di un avvocato inglese<br />
condannato in primo grado per concorso in corruzione in atti giudiziari, in un processo<br />
dove coimputato è un imprenditore milanese nel frattempo nominato Presidente<br />
del Consiglio, la cui posizione viene dunque stralciata con l’entrata in vigore del lodo.<br />
Processualmente è stata accertata l’esistenza di un teste corrotto; sul piano della ricostruzione<br />
storica <strong>dei</strong> fatti ciò rimanda, dunque, all’esistenza certa di un corruttore, beneficiario<br />
della falsa testimonianza accertata dai giudici. Sono garantista per cultura e per<br />
convinzione; so bene, quindi, che non è detto che il corruttore risponda all’anagrafe con<br />
il nome e il cognome del Presidente del Consiglio: la corruzione dell’avvocato inglese<br />
potrebbe essere avvenuta all’insaputa o in assenza di un atto volitivo del coimputato ora<br />
a Palazzo Chigi.<br />
Ma al di là di ogni improprio automatismo, il problema resta: c’è il corrotto, non c’è<br />
il corruttore. E per tutti gli anni della sua carica, il Presidente del Consiglio potrà essere<br />
indicato a dito da chiunque come responsabile di corruzione in atti giudiziari. Tanto più<br />
in ragione della mancata rinuncia alla stasi processuale assicuratagli da una legge presentata<br />
dal suo Guardasigilli, avallata dal suo Governo ed approvata con i voti della sola<br />
sua maggioranza.<br />
Mi domando: che ne è, in simili circostanze, (non dico del prestigio e dell’immagine,<br />
ma) della necessaria serenità che il lodo intende garantire all’Alta carica? L’opinione<br />
pubblica, anche internazionale, «fatalmente penserà all’alto funzionario, magari innocente,<br />
che è semplicemente un colpevole privilegiato» 4 .<br />
Qui davvero il lodo manca comunque il bersaglio cui mirava: se il titolare pro tempore<br />
dell’Alta carica si fa scudo con lo scudo legislativo, alimenta i sospetti; se invece<br />
ripone volontariamente lo scudo, ne rende inutile la previsione legislativa.<br />
3<br />
Così l’Appello alla ragione per un nuovo rapporto tra politica e giustizia: lo si può leggere in<br />
http://www.unife.it/amicuscuriae, nella pagina di documentazione predisposta per il presente seminario.<br />
4<br />
G. GIOSTRA, Titolarità di funzioni pubbliche: tutela dal processo, tutela del processo, in Cass.<br />
pen., 2004, 3877.