volume - Camera dei Deputati
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Album e figurine: l’intrinseca irragionevolezza del lodo empiricamente dimostrata<br />
Riflettiamo un secondo. Sospendendo il processo penale per reati extrafunzionali di<br />
cui vengono imputati soggetti che sono certamente parlamentari (i Presidenti d’Assemblea)<br />
o che potrebbero esserlo (i Presidenti della Repubblica e del Consiglio), questi ricevono<br />
un indebito premio supplementare. Per loro (e solo per loro), infatti, viene sospesa<br />
la disciplina costituzionale dell’art. 68, che nella sua attuale formulazione garantisce<br />
il parlamentare (imputato di reato comune) dal provvedimento giurisdizionale, non<br />
dal procedimento penale.<br />
Qui bisogna tornare ai fondamentali della nostra disciplina: in una Costituzione rigida<br />
(non solo l’abrogazione e la modifica ma anche) la sospensione delle sue previsioni è<br />
riservata in via esclusiva alla legge costituzionale. Qui davvero l’illegittimità del lodo,<br />
veicolato attraverso legge formale, è certa e niente affatto presunta.<br />
7. C’è un’altra figurina del mio album, che aiuta a capire perché il sereno svolgimento<br />
nell’esercizio di una funzione pubblica non vada eccessivamente enfatizzato.<br />
Già nella traccia per la discussione abbiamo segnalato che la soluzione della temporanea<br />
sospensione del processo penale non è avallata né dal diritto costituzionale positivo<br />
relativo a reati funzionali 10 , né dall’interpretazione costituzionale della Consulta in<br />
merito ai reati extrafunzionali del Capo dello Stato (sent. n. 154/2004) 11 ed al legittimo<br />
impedimento del parlamentare imputato di reati extrafunzionali (secondo una giurisprudenza<br />
consolidata, che principia dalla sent. n. 225/2001) 12 . È un dato da non sottovalutare:<br />
ci dice che tra svolgimento del processo ed esercizio della funzione pubblica non<br />
esiste incompatibilità di sorta.<br />
C’è dell’altro. A rigore, la necessità di garantire la serenità di colui che è investito di<br />
un munus publicum si spinge ben oltre i confini delle cariche politiche apicali, potendo<br />
10 Cfr., per gli opportuni riferimenti normativi, il punto 2.6 della Traccia per la discussione, in<br />
http://www.unife.it/amicuscuriae (che riprende quanto rilevato altrove: A. PUGIOTTO, Letture e riletture<br />
della sentenza costituzionale n. 24/2004, in Giur. it., 2009, 780, nota 18).<br />
11 Dove la Corte si attiene fedelmente alla lettera della disposizione costituzionale: questa (art. 90<br />
Cost.) impone di «tenere ferma la distinzione fra atti e dichiarazioni inerenti all’esercizio delle funzioni,<br />
e atti e dichiarazioni che, per non essere esplicazione di tali funzioni, restano addebitabili, ove forieri di<br />
responsabilità, alla persona fisica del titolare della carica, che conserva la sua soggettività e la sua sfera<br />
di rapporti giuridici, senza confondersi con l’organo che pro tempore impersona». Come rileva la Corte,<br />
l’indubbia «difficoltà della distinzione non toglie che essa sia necessaria», anche perché imposta dai<br />
principi costituzionali (di eguaglianza, di legalità, di giustiziabilità <strong>dei</strong> diritti, di obbligatorietà<br />
dell’azione penale).<br />
Viene in tal modo respinta l’idea che, in buona sostanza, risolvendosi la persona fisica nell’organo<br />
presidenziale, ritiene impossibile una distinzione tra esternazioni uti civis ed esternazioni ex officio.<br />
Nessuna concessione, dunque, ad una particolare tutela immunitaria sul piano sostanziale o processuale<br />
a favore del titolare pro tempore del Quirinale per reati extrafunzionali, siano essi precedenti<br />
all’assunzione della carica o commessi durante il mandato presidenziale. Ragiona invece – ancora oggi<br />
– della esistenza di «una sospensione, per così dire, tacita o per prassi non solo <strong>dei</strong> processi, ma altresì<br />
<strong>dei</strong> procedimenti per reati extrafunzionali del Presidente della Repubblica», G. Frigo, I profili procedurali,<br />
cit., 1228, 1233 nota 48, 1234.<br />
12 Risolvendo il “caso Previti”, addirittura, la Corte costituzionale riconosce apertamente che «non<br />
v’è luogo ad individuare regole speciali, derogatorie del diritto comune» (Considerato in diritto, punto<br />
5) e che il partecipare alle udienze è, per il parlamentare, «un diritto» (Considerato in diritto, punto<br />
3). Merita peraltro di essere segnalata l’affermazione contenuta nel ricorso della <strong>Camera</strong> secondo cui<br />
«la mera sottoposizione a procedimento penale non è di per sé fonte di alcun impedimento o pregiudizio<br />
per il parlamentare e per il rigoroso rispetto <strong>dei</strong> suoi doveri» (Ritenuto in fatto, punto 1).<br />
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