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volume - Camera dei Deputati

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92<br />

Margherita Cerizza - Marco Mazzarella<br />

Su un versante avremo, per i soli Presidenti, l’ipotizzata sospensione ipso iure di tutte<br />

le attività di indagine: accanto all’incidente probatorio (rectius, quanto ne resta: cfr.<br />

poco infra), “dal funere nefando” paiono salvarsi soltanto le misure cautelari e le c.d.<br />

misure precautelari, che sottraendosi ad una piena ed esclusiva riconduzione ad esigenze<br />

istruttorie, paiono infatti almeno in parte refrattarie all’inibizione delle attività di indagine<br />

e processuali.<br />

Sull’altro versante, invece, la mancata “autorizzazione a procedere” (rectius, “ad acta”)<br />

preserva oggi i parlamentari soltanto da quattro istituti (o famiglie di istituti) ex art.<br />

68, commi 2 e 3 Cost., come interpretati dall’art. 2, comma 1 della l. n. 140 del 2003<br />

(non illegittimamente, secondo Corte cost., sent. n. 120/2004): perquisizioni ed ispezioni;<br />

provvedimenti privativi della libertà personale (misure cautelari, cd. misure precautelari,<br />

di sicurezza o prevenzione; accompagnamento coattivo); sequestro di corrispondenza<br />

ed acquisizione di tabulati telefonici; intercettazioni di ogni tipo.<br />

L’esperibilità di ogni altro atto di indagine è confermata poi dall’art. 346 c.p.p. (che<br />

pure tiene ferma la disciplina dell’art. 343 c.p.p., che la novella del 2003 ha provvisto di<br />

una limitazione dell’applicabilità dell’art. 346 stesso astretta ora agli effetti di una clausola<br />

di compatibilità rispetto all’art. 343): a carico del parlamentare coperto da negata<br />

autorizzazione (che è “condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire” ai sensi<br />

dell’art. 345, comma 1) deve egualmente praticarsi da una parte l’“assicurazione delle<br />

fonti di prova” e, “quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste<br />

dall’articolo 392”: la disposizione necessita di qualche annotazione.<br />

Il primo cluster di istituti è connotato dall’art. 348 c.p.p. quale raccolta di “ogni elemento<br />

utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole”, locuzione<br />

poi esplicitata da un elenco non tassativo che comprende la “ricerca delle cose e delle<br />

tracce pertinenti al reato”, “la conservazione di esse e dello stato <strong>dei</strong> luoghi”, la ricerca<br />

delle persone informate e comunque il compimento degli atti indicati dagli artt. 350-<br />

354, i quali aggiungono al quadro l’assunzione di sommarie informazioni dalle persone<br />

informate e dall’indagato (queste ultime praticabili dal 2003 solo con il consenso dello<br />

stesso, ex art. 343, comma 3), le perquisizioni, l’acquisizione di plichi e di corrispondenza,<br />

i c.d. sopralluoghi. Apparentemente tratte in salvo, non sono tuttavia praticabili,<br />

naturalmente, le quattro famiglie di istituti menzionate dall’art. 68 Cost. (e poi dagli artt.<br />

343 c.p.p. e 4 della l. n. 140), in quanto la disposizione del codice è unica per tutte le ipotesi<br />

di condizioni di procedibilità che possono ancora sopravvenire, e va adattata ai<br />

diversi casi.<br />

Conclusivamente, tutte le attività che residuano al termine di questa sorta di “ritaglio”<br />

sono tranquillamente praticabili anche nei confronti <strong>dei</strong> parlamentari (indagati ma)<br />

coperti da mancata autorizzazione camerale.<br />

Dal canto suo, l’incidente probatorio, a ben vedere, in nessuna delle due circostanze<br />

appare richiamato sic et simpliciter: come già visto, da una parte, l’istituto sembra filtrato<br />

nella l. n. 124 del 2008 dall’onere che la prova sia effettivamente non rinviabile, e<br />

dunque ristretto nell’ambito di applicazione; dall’altra, l’art. 346 c.p.p. asserisce che<br />

“quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall’articolo<br />

392”: detto richiamo sembra limitato alle prove in esso menzionate ed alle modalità di<br />

assunzione (il contraddittorio), mentre i presupposti sostanziali sembrano sostituiti in<br />

toto dal più generico ed ampio riferimento al periculum in mora, che allarga la fattispecie<br />

rispetto a quella dell’art. 392, quale ragionevole compensazione della quantomeno<br />

procrastinata prosecuzione delle indagini indotta dalla mancanza temporanea delle condizioni<br />

di procedibilità.<br />

Venendo finalmente a confrontare le due situazioni, risulterebbero egualmente pre-

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