volume - Camera dei Deputati
volume - Camera dei Deputati
volume - Camera dei Deputati
You also want an ePaper? Increase the reach of your titles
YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.
84<br />
Marcello Cecchetti<br />
7. Tra le altre quattro questioni sollevate nella seconda ordinanza del Tribunale di<br />
Milano e che si sono provate ad individuare nelle pagine che precedono, la prima e<br />
l’ultima presentano evidenti profili di intrinseca debolezza.<br />
La invocata violazione dell’art. 3 Cost. in sé e per sé considerato, per la lamentata<br />
“incidenza” della disciplina in esame sull’«eguaglianza di tutti i cittadini davanti all’esercizio<br />
della giurisdizione penale», sembrerebbe destinata ad una pronuncia di inammissibilità<br />
per carenza di motivazione, dal momento che il rimettente avrebbe dovuto<br />
evidenziare quanto meno le ragioni che imporrebbero di assumere − in questo caso −<br />
il principio di eguaglianza nei termini “assoluti” di un divieto di qualunque trattamento<br />
differenziato oppure nei consueti termini “relativi”, che impongono il trattamento eguale<br />
di situazioni eguali e il trattamento ragionevolmente differenziato di situazioni diverse;<br />
è del tutto evidente che, in questa seconda ipotesi, sarebbe stato necessario motivare<br />
puntualmente circa le possibili differenze astrattamente rilevanti in relazione alle modalità<br />
di sottoposizione <strong>dei</strong> cittadini alla giurisdizione penale, circa la rilevanza o meno<br />
della situazione differenziata costituita dalla titolarità di una della quattro alte cariche,<br />
nonché circa l’eventuale irragionevolezza in concreto (secondo i canoni della necessità,<br />
idoneità-adeguatezza e proporzionalità) della disciplina censurata. L’assoluto silenzio<br />
del giudice a quo in relazione a tali oneri argomentativi parrebbe proprio insuperabile.<br />
Quanto alla asserita violazione dell’art. 111 Cost., sotto il profilo della ragionevole<br />
durata del processo, il cuore della censura sembrerebbe incentrato non tanto sul prolungamento<br />
<strong>dei</strong> tempi del processo in sé considerato 6 , quanto sul lamentato «spreco di attività<br />
processuale» in considerazione della assenza di previsioni circa l’utilizzabilità, al<br />
momento della cessazione della sospensione, delle prove già assunte in precedenza. Da<br />
questo punto di vista, una dichiarazione di infondatezza sembrerebbe supportabile con<br />
un’interpretazione adeguatrice che − anche tenendo conto dell’esplicita ammissibilità<br />
dell’assunzione delle prove non rinviabili contemplata nel comma 3 − chiarisse la sicura<br />
utilizzabilità, anche a beneficio della parte civile, delle prove già assunte prima della sospensione.<br />
Il destino della “legge Alfano” dipenderà verosimilmente dalle due restanti questioni<br />
sollevate dalla X Sezione del Tribunale di Milano, le quali sottopongono alla Corte i<br />
profili di censura senza dubbio più consistenti.<br />
La forza della questione concernente la lamentata violazione dell’art. 3 Cost. in combinato<br />
disposto con gli artt. 68, 90 e 96 Cost., non risiede, a mio parere, nella asserita<br />
disparità di trattamento tra reati funzionali e reati extrafunzionali <strong>dei</strong> titolari delle quattro<br />
alte cariche dello Stato. Infatti, quanto all’art. 68, nonostante la sua mancata menzione<br />
tra le disposizioni espressamente fatte salve dal legislatore, il rimettente ne ritiene<br />
correttamente la perdurante integrale applicabilità ma non indica in alcun modo quale<br />
vizio di legittimità costituzionale affliggerebbe le norme censurate sotto tale profilo, limitandosi<br />
a rilevare che dalle due discipline discenderebbe «in astratto, nel caso in cui il<br />
soggetto che riveste la “alta carica” sia membro del Parlamento, l’obbligatorietà dell’arresto<br />
in flagranza nelle ipotesi di cui all’art. 380 c.p.p. e l’immediata successiva sospensione<br />
del procedimento». La censura, sul punto, oltre che ipotetica, giacché priva di qualunque<br />
rilevanza nel giudizio a quo, è sicuramente apodittica, dunque inammissibile in<br />
parte qua. Quanto, invece, agli artt. 90 e 96, il rimettente muove da un presupposto in-<br />
6 Ciò del tutto correttamente, se solo si considera che il principio in questione non impone una determinata<br />
durata del processo ma solo una durata che non sia, per l’appunto, irragionevole, in relazione<br />
ad un adeguato bilanciamento di tutti gli interessi in gioco; al riguardo, cfr. M. CECCHETTI, Giusto<br />
processo (diritto costituzionale), in Enc. dir., Agg. V, Giuffrè, Milano, 2001, 610-611.