volume - Camera dei Deputati
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Marcello Cecchetti<br />
davanti alla legge previsto dall’articolo 3 della Costituzione» e che «il vigente sistema<br />
delle guarentigie è disciplinato esclusivamente da norme di rango costituzionale», con la<br />
conseguenza che «ogni eventuale modifica può essere introdotta soltanto con norme di<br />
pari forza adottate secondo la procedura prevista dall’art. 138 della Costituzione».<br />
Vi è poi una seconda “macro-questione”, espressamente riferita dal rimettente «agli<br />
artt. 3, 68, 96, 111 e 112 della Costituzione», ma – nelle trame di un’argomentazione in<br />
verità molto articolata e confusa – è francamente assai difficile provare ad isolare i singoli<br />
e specifici profili di censura. Con tutta l’opinabilità che può caratterizzare una simile<br />
operazione, sembrerebbero identificabili quattro distinte censure.<br />
In primo luogo, si può ritenere affermata la violazione dell’art. 3 Cost., in ragione del<br />
fatto che «il contenuto di tutte le disposizioni in argomento incide su un valore centrale<br />
per il nostro ordinamento democratico, quale è l’eguaglianza di tutti i cittadini davanti<br />
all’esercizio della giurisdizione penale».<br />
In secondo luogo, si può ritenere che il giudice a quo contesti la violazione dell’art.<br />
3, in combinato disposto con gli artt. 68, 90 e 96 Cost., in ragione della disparità di trattamento<br />
cui darebbe luogo la disciplina introdotta con la legge censurata per i reati extrafunzionali<br />
rispetto a quella – di rango costituzionale – prevista per i reati funzionali<br />
ascritti alle quattro alte cariche in questione; tale disparità di trattamento risulterebbe assolutamente<br />
irragionevole, sia per la mancata menzione dell’art. 68 Cost. fra le norme<br />
costituzionali espressamente fatte salve dalla l. n. 124 del 2008, sia per il fatto che «il<br />
bene giuridico considerato dalla legge ordinaria, e cioè il regolare svolgimento delle<br />
funzioni apicali dello Stato, è lo stesso che la Costituzione tutela per il Presidente della<br />
Repubblica con l’art. 90, per il Presidente del Consiglio e per i ministri con l’art. 96»,<br />
con l’ulteriore aggravante, in quest’ultimo caso, dell’irragionevole ius singulare previsto<br />
per i reati extrafunzionali a favore del Presidente del Consiglio, che, invece, la Costituzione<br />
accomuna ai ministri per i reati funzionali in virtù della sua posizione di primus<br />
inter pares rispetto ai titolari <strong>dei</strong> diversi dicasteri.<br />
In terzo luogo, si può ritenere contestata la violazione del principio di ragionevolezza<br />
– e, dunque, dell’art. 3 Cost. – anche sotto l’ulteriore profilo della facoltà di rinunciare<br />
alla sospensione processuale riconosciuta allo stesso titolare dell’alta carica, dal momento<br />
che tale previsione si porrebbe in contrasto con la tutela del munus publicum, attribuendo<br />
una discrezionalità «meramente potestativa» al soggetto beneficiario, anziché<br />
prevedere quei filtri aventi caratteri di terzietà e quelle valutazioni della peculiarità <strong>dei</strong><br />
casi concreti che soli, secondo la sent. n. 24/2004, potrebbero costituire adeguato rimedio<br />
rispetto tanto all’automatismo generalizzato già stigmatizzato dalla Corte quanto «al<br />
vulnus al diritto di azione».<br />
Infine, si può ritenere affermata la violazione dell’art. 111 Cost., sotto il profilo della<br />
ragionevole durata del processo, dal momento che una sospensione formulata nei termini<br />
di cui alle disposizioni censurate, «bloccando il processo in ogni stato e grado per un<br />
periodo potenzialmente molto lungo, provoca un evidente spreco di attività processuale»,<br />
oltretutto non stabilendo alcunché «sull’utilizzabilità delle prove già assunte» né<br />
all’interno dello stesso processo penale al termine del periodo di sospensione né<br />
all’interno della diversa sede in cui la parte civile abbia scelto di trasferire la propria azione,<br />
con conseguente necessità per la stessa parte «di sostenere ex novo l’onere probatorio<br />
in tutta la sua ampiezza».<br />
4. Le questioni sollevate dal GIP del Tribunale di Roma, verosimilmente, dovrebbero<br />
risultare tutte inammissibili per difetto assoluto di rilevanza. Il giudice rimettente, infat-