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volume - Camera dei Deputati

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Breve nota intorno alla legge n. 124 del 2008<br />

In effetti la circostanza che, in presenza di certe condizioni, ad un evento riconducibile<br />

ipoteticamente ad una fattispecie criminosa non consegua, in tempi ragionevoli, la<br />

sanzione penale, porta piuttosto a credere di essere in presenza di una immunità penale o<br />

di una ipotesi di irresponsabilità e a domandarsi se le previsioni di cui si discorre siano<br />

compatibili con i dettami costituzionali e comunque plausibili in un sistema democratico.<br />

Va ricordato che in un ordinamento incardinato sui diritti inviolabili della persona e<br />

sulle relative, inderogabili garanzie di difesa, ripugna l’idea che sopravvivano situazioni<br />

di privilegio concesse ad alcuni in virtù di un loro particolare status giuridico, sia esso<br />

permanente oppure transitorio, come limiti “politici” alla tutela di alcuni interessi a<br />

fronte della preponderante esigenza di salvaguardarne altri.<br />

Il presupposto sul quale questa riflessione si fonda è, pertanto, la non ascrivibilità<br />

della norma in re al novero delle sospensioni di rito: essa definisce piuttosto un nuovo<br />

tipo di immunità 12 .<br />

La l. n. 124 del 2008, al contrario, nel disporre la sospensione <strong>dei</strong> processi in corso,<br />

con conseguente sospensione <strong>dei</strong> termini di prescrizione <strong>dei</strong> reati, si pone in linea con<br />

quanto stabilito per altre ipotesi di sospensione del processo penale – sia che si tratti di<br />

sospensione obbligatoria 13 sia di sospensione facoltativa 14 – previste dal sistema, ma<br />

con evidente difformità della ratio giustificatrice.<br />

Sembra opportuno, quindi, scindere piani di analisi che, rileggendo i lavori parlamentari<br />

delle norme in esame appaiono essere stati troppo spesso sovrapposti. La distinzione<br />

cui si è fatto cenno, circa la considerazione da accordare a mezzi e scopo della<br />

norma, resta dato irrinunciabile: il bene che si intende tutelare (le opportune modalità di<br />

svolgimento del compito di cui si deve far carico il soggetto inquisito) e il mezzo per tutelarlo<br />

(la sospensione <strong>dei</strong> processi).<br />

A tentare, poi, una ricognizione sommaria del bene giuridico di volta in volta invocato<br />

per giustificare deroghe all’uguaglianza dinanzi alla giurisdizione penale, si va dalla<br />

protezione della serenità nello svolgimento della funzione istituzionale ricoperta dal-<br />

steso ai giudici costituzionali le immunità accordate ai parlamentari dall’art. 68, secondo comma, Cost., nel<br />

testo allora vigente), ergo, l’impugnato art. 1, comma 2, della l. n. 140 del 2003, in riferimento al comma 1<br />

della stessa disposizione, si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost. in relazione agli artt. 111 e 112 Cost.<br />

Né, «...ad avviso del Tribunale di Milano, è utilmente richiamabile, sotto il profilo della non necessità di<br />

una legge costituzionale per introdurre la prerogativa in questione, l’art. 5 della legge 3 gennaio 1981, n. 1,<br />

riguardante i componenti del Consiglio superiore della Magistratura. Tale norma infatti (…), non ha creato<br />

alcuna forma di immunità, ma – come precisato da questa Corte nella sent. n. 148/1983 – ha solo previsto<br />

una speciale causa di non punibilità, rigorosamente circoscritta “alle manifestazioni di pensiero funzionali<br />

all’esercizio <strong>dei</strong> poteri-doveri costituzionalmente spettanti ai componenti il Consiglio superiore”, la quale,<br />

da un lato, non è assimilabile alle immunità e prerogative previste dalla Costituzione e, dall’altro, ha un<br />

ambito di operatività che è diverso rispetto a quello delle scriminanti di diritto penale comune e che risulta<br />

“frutto di un ragionevole bilanciamento <strong>dei</strong> valori costituzionali in gioco”. La norma impugnata, invece,<br />

non ha creato una scriminante speciale (di per sé compatibile con l’esercizio della giurisdizione), ma una<br />

causa di “non processabilità” o di sospensione <strong>dei</strong> processi in corso che, inevitabilmente, si pone in conflitto<br />

col carattere di obbligatorietà dell’azione penale»: così, Corte cost. n. 24/2004. V. pure A. FINOCCHIA-<br />

RO, L’insopprimibile incostituzionalità della legge n. 140 del 2003, in Cass. pen., 2003, 10, 3236.<br />

12 La norma impugnata prevede una forma di immunità processuale prescindendo da ogni connessione<br />

funzionale fra la carica pubblica e gli atti posti in essere dal soggetto che la ricopre. Ciò in violazione<br />

dell’art. 3 Cost., che vieta al legislatore ordinario d’introdurre differenziazioni normative basate<br />

esclusivamente su elementi soggettivi e che comunque richiede indefettibilmente la procedura di<br />

cui all’art. 138 Cost. Cfr. Corte cost. n. 24/2004.<br />

13 V. art. 71 c.p.p. e art. 3, comma 5, della stessa l. n. 140 del 2003.<br />

14 V. art. 486 c.p.p.<br />

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