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1-4 introduzione imago.qxd:cop marzo (d.s.) - Marina Militare ...

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144 IL PROGETTO DELLE UNITÀ NAVALI MAGGIORI<br />

MW su quattro idrogetti: due sono azionati da altrettanti motori diesel, mentre gli altri<br />

due, più grandi dei precedenti, sono azionati da una turbina a gas con connessione<br />

incrociata,<br />

qualora sia necessario soddisfare un requisito di velocità ancora più elevata (40 n),<br />

viene offerta ancora una soluzione CODAG da 67 MW con quattro idrogetti: la <strong>cop</strong>pia<br />

esterna è azionata da una <strong>cop</strong>pia di motori diesel — che assicurano una velocità<br />

massima di 20 n — mentre ciascuno di quelli esterni è azionata da una turbina a gas.<br />

Tutte le soluzioni propulsive proposte sono caratterizzate da un elevato livello di<br />

ridondanza perché le varie macchine sono alloggiate in compartimenti separati: per<br />

migliorare ulteriormente la flessibilità e la ridondanza della catena propulsiva, a prora<br />

è presente un propulsore elettrico ausiliario che permette di spingere l’unità fino a 5 n<br />

qualora il sistema principale sia indisponibile, nonché a migliorare la manovrabilità in<br />

acque ristrette.<br />

I locali destinati all’equipaggio sono stati configurati per imbarcare un massimo di<br />

75 effettivi, di cui 40 sono necessari per la gestione in sicurezza della piattaforma e<br />

dei sistemi di base, mentre gli altri 35 sono destinati alla gestione dei moduli di missione.<br />

Nel 2002, l’allora Blohm + Voss elaborò il progetto di una fregata multimissione<br />

che, in accordo alla forma a delta della sezione orizzontale, venne definita «MEKO D<br />

frigate». Si trattava di un progetto derivato da quello delle unità tipo «MEKO A» e<br />

caratterizzato da alcune innovazioni nei sistemi di piattaforma e di combattimento<br />

mirate a ridurre i costi gestionali, migliorare le doti di sopravvivenza ed espandere<br />

ulteriormente le capacità funzionali: il risultato dell’esercizio progettuale era un’unità<br />

da 3.500 t di dislocamento, con una carena monoscafo tradizionale le cui forme avanzate<br />

esaltavano anche le doti di tenuta al mare. Alla stessa epoca risale un’altra proposta<br />

progettuale, relativa a un’unità multimissione, capace di svolgere anche la funzione<br />

di nodo in un’architettura networkecentrica complessa che comprende anche assetti<br />

navali, aerei e terrestri di qualsiasi nazionalità: questo complesso di capacità operative<br />

si riflette nelle maggiori dimensioni (circa 7.000 t di dislocamento e 151 m di lunghezza)<br />

della piattaforma, che oltre a essere caratterizzata dalla configurazione a Δ,<br />

presentava uno scafo con murate dapprima svasate verso l’esterno e poi verso l’interno,<br />

in modo da formare una sorta di «X» che dà il nome al progetto: «MEKO X».<br />

Grazie a questo accorgimento, lo scafo consente una sistemazione ottimale dei vari<br />

elementi del sistema di combattimento, maggiori volumi interni da destinare ai locali<br />

per l’equipaggio e al carico utile, migliori caratteristiche idrodinamiche e di stabilità.<br />

Un importante caratteristica del progetto «MEKO X» riguarda il concetto delle due<br />

isole, relativo alla presenza di due zone autonome ciascuna formata da una sezione di<br />

scafo e di sovrastrutture sormontata da un albero a sezione tron<strong>cop</strong>iramidale che ospita<br />

in maniera integrata — e sotto forma di antenne planari in grado di <strong>cop</strong>rire tutti i<br />

360° — tutti i sensori di sorveglianza, tracciamento, guidamissili e comunicazioni.<br />

Per potenziare la sopravvivenza strutturale dell’unità, sul progetto «MEKO X» sono<br />

stati previsti quattro strutture longitudinali scatolari che corrono per circa l’80% della<br />

lunghezza dello scafo e sei doppie paratie stagne. L’ampia disponibilità di volumi<br />

Dicembre 2010

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