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1-4 introduzione imago.qxd:cop marzo (d.s.) - Marina Militare ...

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IL PROGETTO DELLE UNITÀ NAVALI MAGGIORI<br />

che la rende infatti più vulnerabile rispetto al passato per diverse ragioni. In primo<br />

luogo, la nave da guerra moderna presenta quella che si può definire un’alta densità di<br />

sistemi e apparati sensibili che, una volta danneggiati da un colpo a bordo, non possono<br />

essere facilmente riparati dall’equipaggio: secondo, la corazzatura non è più uno<br />

degli elementi del progetto navale da almeno mezzo secolo, anche perché difficile da<br />

considerare e applicare a bordo di cacciatorpediniere e fregate. Inoltre, la letalità degli<br />

ordigni dedicati alla distruzione delle unità di superficie — sostanzialmente missili<br />

antinave e mine, anche se dell’equazione fanno parte anche armi leggere in dotazione a<br />

gruppi terroristici che operano in mare — è drasticamente aumentata negli ultimi 50<br />

anni: un’ultima ma non meno importante motivazione riguarda la scarsa o inesistente<br />

tolleranza dell’opinione pubblica verso le perdite umane che, assieme alla riduzione<br />

delle flotte, rende la vita di ciascun marinaio e l’integrità fisica dei sistemi un bene irrinunciabile<br />

da salvaguardare.<br />

In termini molto sintetici, l’obiettivo principale della stealthness è quello di ridurre<br />

le probabilità che l’unità venga colpita, aumentandone quindi la sopravvivenza e prevenire<br />

danni all’equipaggio e ai sistemi imbarcati: per analizzare quindi l’impatto che<br />

sopravvivenza e stealthness hanno oggi sul progetto delle unità navali militari (soprattutto<br />

in termini di materiali e disegno), è dunque opportuno considerare separatamente<br />

i due aspetti, ciascuno dei quali presenta differenti e importanti articolazioni.<br />

La sopravvivenza della nave da guerra<br />

A differenza del naviglio mercantile, le unità navali militari sono appositamente<br />

concepite per combattere e sono quindi più esposte al rischio di colpi a bordo che possono<br />

danneggiare scafo, strutture e sistemi. Le considerazioni che hanno progressivamente<br />

portato, dopo la seconda guerra mondiale, a trascurare il principio della protezione<br />

sono state puntualmente smentite dagli episodi bellici occorsi negli ultimi decenni,<br />

in cui diverse unità militari di prima linea — soprattutto fregate e cacciatorpediniere<br />

— sono state vittime più o meno gravi di missili antinave e mine: le lezioni, spesso<br />

amare, apprese in questi frangenti hanno quindi contribuito a rafforzare nei progettisti<br />

la consapevolezza che un’unità militare non può basare totalmente la sua sopravvivenza<br />

su sistemi d’arma difensivi o sulle contromisure di vario tipo, evidenziando quindi<br />

la necessità di pensare ad altre forme di difesa insite nel disegno stesso della nave.<br />

Il requisito complessivo di sopravvivenza di un’unità militare abbraccia sostanzialmente<br />

tre aspetti principali:<br />

— la suscettibilità, cioè la capacità di evitare o ritardare al massimo la s<strong>cop</strong>erta a cura<br />

dei sensori avversari e allo stesso tempo di fronteggiare un attacco. In questo caso<br />

entrano in gioco fattori passivi (per esempio la stealthness e la gestione delle emissioni<br />

elettroniche) e attivi (contromanovra, impiego di contromisure);<br />

— la vulnerabilità, la capacità di sostenere danni e di minimizzarne gli effetti, attraverso<br />

misure di resistenza strutturale e di controllo danni;<br />

— la recuperabilità, traduzione letterale di recoverability e incentrata sulla capacità di<br />

tornare a condizioni d’impiego accettabili — seppur degradate — dopo il danno, privilegiando<br />

innanzitutto l’integrità della piattaforma e poi la possibilità di partecipare<br />

Supplemento alla Rivista Marittima<br />

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