ILLUSTRATE W - The University of Chicago Library
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I MIRACOLI DEL SENTIMENTO 115<br />
PRINCIPIA A FALTONIA PROBA.<br />
Roma, anno del Signore 412.<br />
Giammai non credo ci sia stata al mondo creatura a più triste condizione della<br />
mia in questo momento, o Faltonia carissima ; perciocché nell' atto, in cui m'accingo<br />
a scriverti e a mandarti mie novelle, ignoro in qual luogo del mondo tu sia, e come<br />
non bastasse, ignoro peranco se tu in vita ti mantieni tuttora, oppure se, libera innanzi<br />
tempo da questa terrena schiavitù, P anima tua sia volata al cielo.<br />
Veramente, ben pensando quante ali e quanto rapidissime abbiano le male nuove,<br />
e non essendo a me pervenuta fino ad ora un' infausta notizia che suonasse — Faltonia<br />
Proba è morta — io arguisco non senza fondamento che la veneranda amica e<br />
congiunta di Marcella e mia, la vedova illustre di Probo, la compagna di nostra sventura<br />
vive. Vive, è vero, fatta segno alle accuse dei perfidi, ma non per tanto, anzi<br />
vieppiù sempre benedetta ed amata dai buoni. Sì tu vivi, fortissima donna, erri pr<strong>of</strong>uga,<br />
raminga per le coste d'Italia, forse, come lo vuol fama, il tuo piede tocca le spiagge<br />
cocenti del lido africano dove io, alla ventura, ti mando la presente epistola ; dove<br />
la tua Demetriade, da te difesa nelP orribile notte del sacco di Roma, con coraggio<br />
all' altezza del tuo gran nome e del tuo gran cuore, si appresta a consacrarsi a Dio.<br />
E quindi, misera madre, orbata de' tuoi figli, che li hai visti morire sotto a' tuoi occhi<br />
quei nobili rampolli, quelle gemme illustri del patriziato romano, misera madre tornerai<br />
alla tua Roma : tu manterrai la promessa di venir a posare la testa, affaticata da così<br />
lungo martirio, vicino al tuo Probo, che prima di te, lui felice, partì da questo mondo !<br />
E poiché tal corda, ahimè come dolorosa, ho toccata, deh lascia eh' io t'esprima<br />
il mio pensiero, e ti dica : avventurati, o tre o quattro volte beatissimi coloro che<br />
muojono in Dio ! Cosa resta a chi dopo tanti danni e tanto lutto sopravvisse ? A<br />
chi rimane sulle rovine della patria ? E per rovine, o Faltonia chiarissima, intendo accennare<br />
a una parte delle nostre miserie, la più grande, ma a lato di essa ve n' ha<br />
pure un' altra assai meschina: io non potrò mai descriverti la turpe scena, il disgustoso<br />
spettacolo delle accuse fra i vinti, delle recriminazioni, degli odi fra i più deboli cristiani<br />
e i pertinaci idolatri ; orribile a dirsi, ognuno si insozza con vituperi d'ogni sorta,<br />
e la Cristiana non è meno gemente, non piange, e si strugge meno della Romana.<br />
Cosa mi resta dunque se non Dio ? ... E qui, simile a colui che ha mortale ferita<br />
nel petto, e vuole toccarla e gli duole, e non osa ... eccomi a disfogare P acerba<br />
ambascia, eccomi a quanto, nello scriverti la presente lettera, io aveva in animo, ed<br />
è mio continuo pensiero. Permettimi eh' io torni alla mia doglia perenne, e della pia<br />
che perdetti, e sempre piango, ti intrattenga.<br />
Saprai senza dubbio dai tuoi compagni d' esilio, o te lo avrà scritto dal suo ritiro<br />
di Betlemme Girolamo, come nella orribile condizione in cui ci trovammo, assalite<br />
da barbari vincitori di Roma, fu la sola potenza dell' affetto di Marcella, che mi<br />
salvò dal più nefando destino. I barbari, commossi al grido della matrona plorante ai<br />
loro piedi per la sua Principia, ci addussero essi stessi ambedue sotto la loro protezione,<br />
al sicuro d'ogni <strong>of</strong>fesa nella basilica di ^an Paolo. E quanto ne ringraziai P Onnipotente,<br />
con quanto giubilo mi strinsi alla madre mia, ricuperata per miracolo ! Brevissimo<br />
gaudio.