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ILLUSTRATE W - The University of Chicago Library

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LA CAMERA DEGLI ORRORI 133<br />

non solo la vita presente, fin all' ultimo respiro, ma ben anco la passata : la memoria<br />

della sua donna : P amore santo, che P avea ad essa legato, e del quale era così per­<br />

fido il frutto.<br />

— Dici che stai male, ma mi pare tu abbia una rettorica. . . .<br />

— Ah! dico di star male? . . non ti basta ancora? . . vieni, piantami alla prima<br />

un coltello nel petto — e qui si apriva il costato magro, vera immagine di Gesù Cro­<br />

cifisso. — Oh ! dio — continua quindi — Oh ! dio portatemi all' ospedale, via da quella<br />

barona. Sì all' ospedale . . . n' avevo orrore. . . ma adesso mi parerà una reggia, ci<br />

sarò almeno in quiete . . ..potrò riconciliarmi con Dio.<br />

Giovanni si mosse, non ne poteva più. Dio sa cosa nasceva : quando fu battuto<br />

alla porta, con un colpo discreto.<br />

— E permesso ? — domandò una voce melliflua, ma che a chi conoscesse la favola<br />

del lupo, il quale travestito, picchia alla porta di quella che vuol divorare, gliela avreb­<br />

be ricordata.<br />

— Chi è ? . .<br />

— Son io la Martina, la Veneziana.<br />

— Non faccia entrar nessuno — intimò con istizza Giovanni.<br />

— Neanche? — esclamò agra la Febea : — s' ha a star qua, senza vedere un'ani­<br />

ma ... ah ! ma allora è meglio uccidersi alla prima.<br />

L'infermo accennò che s' aprisse.<br />

— Serva sua ! — disse con garbo, e stringendo una bocchina piena di compia­<br />

cenza la strega, intendo la maga, e slanciando co' suoi bei occhietti girelloni, sguardi<br />

a dritta a sinistra.<br />

Veramente Febea poco si mosse pel giungere della Fandoni.. . ignorava il perchè<br />

della venuta e la guardò con quel sovrano disprezzo, che sentiva per tutti coloro che<br />

non aveano un equipaggio alla porta di strada, stivallini lucidi, guanti di Greno­<br />

ble o non coprisse la puzza dell' anima con pr<strong>of</strong>umi di pat-chouly o di fieno, odore di<br />

ultima moda.<br />

In quel momento, per contrariare il padre e il servitore l'accolse; in altro la vol­<br />

gare Sibilla di taverna ... oh ! come P avrebbe rifiutata.<br />

Né la Martina al freddo accoglimento die' retta, ma in aria umile, rispettosa e<br />

spirante la grazia, che a lei permetteva P aria naturalmente da virago, i mustacchi,<br />

P occhio da furba matricolata :<br />

— È questi il suo signor padre? — domandò accennando colla mano all'infermo,<br />

e, volta a Febea, la Martina.<br />

— Pur troppo ! — rispose con freddezza P interrogata.<br />

— Vuol dire eh' è malato, e che le dà pena, poverina — disse la Sibilla per dare<br />

un'interpretazione meno empia alla risposta di Febea. Nessuno più fiatò.<br />

— Che male si sente? . . — riprese poco dopo la donna, avvicinandosi alla<br />

cuccia dell' infermo : egli la guardò e gemette.<br />

— Ha delle passioni eh ? . . — Giovanni scosse a più riprese il capo. — eh ! lo<br />

capisco io . . . lo so cos' è aver passioni... io ah ? .. un tantino solo ... m'è toccato,<br />

per causa di certi birboni, figuri da non nominarsi, sett'anni in carcere — (Per sorti­<br />

legi e altre bricconate l'aveano rinchiusa alla Giudecca)—non sapessi io cos' è patire...

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