146 LA CAMERA DEGLI ORRORI E davvero chi poteva non piangere se quelP uomo, per torre alla figlia diletta P orrore el' un tal rimorso, ritornava, in certo modo, dal mondo di là . . . cancel lava la pagina nefanda di quel giorno, e come se la amata fanciulla, secondo il solito venisse dal passeggio, le perdonava, non già, ma obliava, distruggeva perfin l'orrenda memoria, clemente come un dio ... no, come un padre. Ancora coli' ineffabile dolcezza, di quel — è tornata — ancora col sorriso sulle labbra inaridite, che parea P ultima gioja terrena, e la prima che si aspettasse dal cielo, quel martire oscuro e calpestato dalla famiglia, die' un lungo sospiro e tornò ad assopirsi. Lo credettero spento davvero ma questa volta, in vece el' esser abbando nato nella sincope, a dir meglio nel suo letargo, lo sorreggeva la premura passiona ta, ardente di Febea, che poteva far miracoli. È inutile eh' io vi dica che chiamò medici, assistenti, che vendette i gingilli, la roba di valore, per essere in grado di assistere l'infermo nella più efficace maniera. Ma la cosa che non posso tacervi fu questa. Che essendosi presentata la signora Martina, Febea non volle riceverla; ebbe la Sibilla un bel ripetere a Giovanni — che quelle signore dove la ci stava di casa erano bramose di sapere da Febea come si ritrovasse in salute il suo signor padre — ebbe un bel storcere il capo, e stringere il bocchino colla più bella grazia del mondo ; Giovanni in vece col muso più tosto che sapesse far lui, sempre ingrognato, ci rispose invariabilmente — Non la vuol più vedere, non la vuol più vedere, né adesso, né mai, né ella, né le sue madame. La signora Martina fu costretta a partire, ignorando se il padre di Febea viveva o era morto. Partì dunque facendo sul pianerottolo di gran riverenze a Giovanni, e mormorando — che le bastava, che se avesse potuto immaginarsi una cosa di quella sorte non sarebbe andata a disturbare ... — e ancora scendendo Giovanni udiva, im passibile, i suoi — mi maraviglio, non venivo per domandar niente a nessuno ; e son conosciuta da per tutto. — Il che era verissimo. Com' era vero che la ci avea una maledetta rabbia di dover battere la ritirata, riportare i pericolosi messaggi che teneva in saccoccia, tener per sé i cattivi consigli, che si preparava a elare a Febea, per perdere un' anima di più. In luogo di quella degna persona, vennero le due conoscenti, anzi le due buone amiche el' in faccia, la Celeste e la Virginia, che, dianzi, Febea non poteva troppo s<strong>of</strong> frire, per ragioni facili ad indovinarsi, com' è agevole capire il perchè cessassero in lei, ora risoluta ad esser umile e buona, antipatie e differenze prive di ragione. La mattina dopo un beli' uomo barbuto, dalle forme gagliarde entrò nella stanza del padre di Febea. Era Lorenzo, e Febea stessa lo avea fatto chiamare. Appena lo vide, la giovane gii andò incontro, e lo condusse in disparte davanti alla porta della camera di Melania, già ita pei fatti suoi. Il padre eli Febea continuava lentamente a migliorare, ma lo lasciavano quieto. Già a lui cosa altro occorreva quando vedevasi accanto al povero giaciglio la sua Febea ? e ora la vedeva quieta di spirito, ma in gran da fare a prepararsi lavoro, con cui intendeva ottenere un necessario guadagno. Ma ella preparavagli un'altra buona nuova, nuova che al solo veder Lorenzo, il quale più non praticava in casa, apparì una divina speranza all' infermo.
LA CAMERA DEGLI ORRORI 147 Però Febea, prima di dir nulla al padre chiamò in disparte Lorenzo, e sommessa gii doni anelò : — Siete sempre dello stesso pensiero ? — Io ? . . s'intende ... eri voi a non darmi retta. — Bene, posto che siete sempre quello, io vi dirò, che se mi volete, son con tenta di sposarvi. — Tanto meglio ! — disse P uomo — niente stupito deila partecipazione e del modo. — Ma — cominciò allora Febea. — Ma — capisco bene. Il babbo verrà con noi, sarà in casa mia, come con un suo figlio. — Ed ella : — Non basta. — Voglio da voi una promessa, un giuramento solenne, terribile, se lo faceste sulla tomba della vostra stessa madre, sull' altare eli Dio . . . L'uomo ascoltava nella sua attitudine di flemma; flemma tutta vita e potenza. — Giurate che se mai vi elessi motivo di malcontento, se mi conducessi .... non da donna d'onore . . . giurate che mi darete la morte, che mi getterete in acqua come si fa d'un cane rabbioso . . . Giurate, Lorenzo . . . Lorenzo accennava non intendere, esitare. Febea riprese, e pareva gii facesse una confidenza gelosa. — Se ci fosse chi mi vuol trarre al male, chi mi tenta . . .
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