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ILLUSTRATE W - The University of Chicago Library

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26 ANZÙ<br />

La Checca (così chiamavasi) era una donna esperta, vissuta negli anni di sua<br />

gioventù al capo luogo del distretto, come serva in casa d'un pretore, buon<br />

galantuomo, secondo ella asseriva, animo eccellente, ma caldo, caldissimo d' indole<br />

; quando gii montavano i furori le gettava addosso ciò che gli veniva alle<br />

mani : lì per lì non avea altro ; anzi la regalava di qualche monetuccia, e ascoltava,<br />

tutto compunto, le prediche della Checca e le sue sentenze, dimostranti i pericoli<br />

dei temperamenti furiosi.<br />

Ma non gliele bisognava dire al momento della collera... guai ! Bisognava pazientare,<br />

anco sentendosi dal lato della ragione. Del resto, aggiungeva la Checca, i signori,<br />

da quanto la ne avea potuto dedurre ne' suoi studi sociali, fatti nel capo luogo<br />

del distretto, tutti i signori, po' su po' giù son tagliati sullo stesso modello : bisognava<br />

dunque pazientare, perchè già poco appresso il compenso veniva. Più grande, flagrante<br />

era stata P ingiustizia, più bello il dono, più grossa la mancia. Un giorno<br />

fra gli altri e, come al solito senza gravi motivi, il pretore le avea slanciato un pollo<br />

allesso sulla testa : mostrandosene ella <strong>of</strong>fesa di molto, egli non pertanto era andato<br />

poco dopo, a lei, con un bel tallero in mano, dicendole : — To', Checca, e scusa sai:<br />

sono una bestia, ma il core non e' entra.<br />

Il volo di quel pollastro e la conseguente venuta di quel tallero potevano considerarsi<br />

i fatti più salienti nella vita della Checca ; così li citava ella spesso, a proposito<br />

di qualunque grave o lieta congiuntura le si narrasse. Poiché, per lei ci<br />

stava tutto nella memoria d' un tal giorno ; il più gran dolore, all' <strong>of</strong>fesa di quel<br />

sentimento di dignità, eh' è fra gP inalienabili diritti d' ogni anima umana. Poi la<br />

consolazione .... un tallero donato ! .... sei lire a chi, per guadagnarne quattro al<br />

mese, dovea sgobbare, e affacchinare dall' alba alla sera.... che più ? . .. . questo<br />

tallero portava molto innanzi un peculietto, posto in essere quindici anni prima ....<br />

e che il tallero portava alla cospicua somma di sessanta lire, non costandole che sul<br />

capo P urto un po' brodoso d' un pollo ! In fine quell' avvenimento parea dovesse<br />

segnare (adoperiamo la solenne definizione dei grandi periodi storici) un' epoca importantissima<br />

nella vita della Checca, poiché in seguito, e nel corso di pochi anni,<br />

il cumulo di quattrini ammassati, giunto per favorevoli ondate a più di cento lirette,<br />

stanca di servire, s' era licenziata dal pretore, e risolta di venire nel suo paese<br />

natale, dove la ci avea un nipote e figlioccio. Venutaci adunque, comperata una pecora,<br />

alcuni dindi, ancora le restava un' ottantina di lire, vero tesoro, ch'ella teneva<br />

in un vaso, altre volte da mostarda, portato via dal pretore, con licenza di lui<br />

che s'intende : vero tesoro, poiché insieme coi denari ci stava un pajo d' orecchinetti<br />

a filagrana d' oro e un crocefìssetto d' argento, di poco valore, ma benedetto<br />

in articulo mortis. La Checca, a meglio guardare le sue ricchezze, chiudeva P imboccatura<br />

del vaso con un vecchio guanto, anco quello del pretore (che nei giorni di<br />

gala, di funzioni solenni non mancava di farne uso) dicevo adunque, con un vecchio<br />

guanto steso, tirato e tenuto fisso all' orlo esterno, con uno spago, strettissimamente<br />

annodato, con dieci groppi o poco manco. Per solito stavasene quel vasetto in una<br />

cassa dietro al letto della Checca. Di tanto in tanto la notte la si sognava che<br />

glielo portavano via, balzava come se uno le desse uno spintone, né si rimetteva<br />

in calma fin che non si fosse accertata del contrario. Il nipote e figlioccio, sospet-

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