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ILLUSTRATE W - The University of Chicago Library

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LA CAMERA DEGLI ORRORI 145<br />

— Allora si trasporterà all' ospedale — rispose Melania, in dialetto lombardo, che<br />

parlava benissimo come il francese — la ci è*già avviata — concluse.<br />

—*• Ma no . .. ina no . . . la venga a vedere ...<br />

— È vivo ! — gridò in quello Febea— Giovanni ! . . presto ... il babbo è vivo...<br />

presto . . . soccorso ... gli è vivo.<br />

Il povero Maurizio per essere semivivo, non si poteva dir morto, lascio pen­<br />

sare alle smanie di Febea, in un lampo fu sottosopra la camera, si chiamarono ajuti,<br />

venne elal servizio della guardia nazionale, un giovane, che abitava d' accosto. Il padre<br />

di Febea aprì gii occhi, guardò attorno.<br />

— Papà.<br />

— Ma lo lasci stare.<br />

— No che bisogna eh' ei mi perdoni. . . guarda la tua Febea ... la tua Bebea<br />

(così la chiamava per tenerezza ) oh! dio non mi vuol perdonare, papà, guarda ascolta...<br />

ascolta la tua Febea !<br />

Di fatto redivivo, non parlava: vedeva tutto, guardava con occhio di vetro, im­<br />

passibile le smanie della figliuola, capiva tutto forse, ma non poteva parlare ; per so­<br />

lito quando si svegliava la mattina, o da qualche svenimento, la prima, la sola parola<br />

che pr<strong>of</strong>erisse, coll'espressione del più disperato rammarico era un — oh ! Dio non sono<br />

ancora morto ! — Questa volta niente tradiva la coscienza di sé, non che del suo dolore.<br />

Passarono alcuni minuti così, quando lo si vide movere le labbra, tutti si china­<br />

rono, perchè la confidenza d'uno, tornato in certo modo dal mondo di là, valeva la pena<br />

di non perderne sillaba. Febea se gii appressò palpitante.<br />

— Via, perdonami. . . papà ... ti domando scusa . . . papà . . . babbo mio. — Un<br />

s<strong>of</strong>fio passò sulle labbra del vecchio, che a stento si accinse questa volta a formulare<br />

una parola. Dapprincipio pareva che non gli riuscisse, ma poi pian piano, un poco<br />

alla volta, colla lingua alquanto legata, ma bastantemente chiaro, pr<strong>of</strong>erì sotto voce, e<br />

guardando ora Febea, ora gli altri :<br />

— La è tornata !<br />

— Sì ... sì . . . son tornata . . . son qua . . . per non lasciarti mai più . . . son<br />

qua per sempre, ti farò da serva, se occorre ... basta che mi perdoni... papà ... papà<br />

mio, perdonami.<br />

Il padre eli Febea ascoltava tranquillissimo quei discorsi appassionati, ma nes­<br />

suno avrebbe potuto inelovinare se li capiva, se si rendeva conto della cosa, della<br />

nuova situazione ... se prestava fede o no . . .<br />

Immobile, sul povero guanciale, moveva gli occhi commosso, era stupito ; si<br />

capiva a mala pena se vivesse.<br />

Scorsi pochi minuti in quell'attitudine, il giacente accennò di parlare un'altra<br />

volta : e tutti di nuovo in ascolto, tutti proni, fìssi in quelle labbra di cera, in quel<br />

viso da morto, animato da un'aura misteriosa. Un' altra volta move la lingua, e con<br />

minore fatica di prima, e quasi con trionfo pr<strong>of</strong>erisce:<br />

— La è tornata ! — Poi, con un sorriso di compiacenza tutto ingenua, quasi in­<br />

fantile, come il bimbo, che al suo destarsi scorge presso alla cuna la persona, che gli è<br />

più cara, guardò Febea, la quale irruppe in un dirottissimo pianto.<br />

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