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A più voci - Magellano

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si di aggiustamento per correre ai ripari, talvolta finiscono semplicemente<br />

per chiudere ogni via d’uscita.<br />

L’intervento della giustizia amministrativa rappresenta un sostituto<br />

del tutto improprio all’incapacità dell’amministrazione di prendere<br />

in considerazione certi interessi e di intavolare un contraddittorio con<br />

essi. Questa forma di supplenza dell’autorità giudiziaria in un ambito<br />

– la gestione e la risoluzione dei conflitti – che dovrebbe essere proprio<br />

dell’amministrazione, ha conseguenze paralizzanti per quest’ultima.<br />

Non la induce a una maggiore apertura o una <strong>più</strong> accurata ricerca<br />

del consenso, ma la spinge piuttosto alla ricerca della perfezione<br />

giuridica, nella speranza (spesso vana) di confezionare provvedimenti<br />

che siano legalmente inattaccabili.<br />

Il ricorso al giudice dovrebbe essere quindi considerato come una<br />

possibilità estrema, un’ultima spiaggia, da esperire quando gli altri<br />

strumenti di trasformazione dei conflitti siano risultati del tutto inefficaci.<br />

Negli Stati Uniti, dove l’intervento dei giudici è molto <strong>più</strong> frequente<br />

e penetrante che da noi, per esempio nei conflitti ambientali,<br />

nelle richieste di risarcimento dei danni, si è sviluppata negli ultimi<br />

30 anni la ricerca di strumenti alternativi che passano sotto il nome<br />

di Alternative Dispute Resolution, ossia risoluzione delle dispute alternativa<br />

(rispetto al ricorso al giudice). Questi strumenti si fondano sul<br />

confronto diretto tra le parti, spesso con l’assistenza di un mediatore.<br />

L’idea di fondo è che sia preferibile che le parti trovino da sole un<br />

accomodamento o una soluzione, piuttosto che affidarsi alla decisione<br />

legale di un’autorità terza. E infatti il compito del giudice è stabilire<br />

chi ha torto e chi ha ragione in base alla legge, mentre nei conflitti,<br />

come abbiamo già visto, sarebbe utile partire dalla premessa opposta<br />

secondo cui tutti hanno ragione (tutti hanno le loro buone ragioni).<br />

Portare le parti attorno a un tavolo<br />

Il primo passo in questa direzione consiste nel convincere le parti in<br />

conflitto a confrontarsi direttamente tra di loro. Non è un passo facile.<br />

Spesso gli attori non hanno nessuna voglia di dialogare tra di loro<br />

perché hanno ogni sorta di sospetti e di prevenzioni. Ed hanno per<br />

giunta ottime ragioni per dubitare degli altri. Prima di aprire il tavolo<br />

negoziale, è quindi necessario cercare di capire la natura del conflitto<br />

e individuare le persone che potrebbero sostenere il confronto. Per<br />

fare questo possiamo servirci delle tecniche di indagine-ascolto che<br />

abbiamo visto nel capitolo 5. Alcuni autori suggeriscono di intervistare<br />

i principali soggetti interessati al conflitto e poi di sottoporgli un<br />

breve resoconto scritto che descrive i termini della contesa, chiedendo<br />

loro di esprimersi sul testo o eventualmente di proporre correzioni 1 . È<br />

importante che si possa partire da una visione condivisa su come<br />

stanno le cose.<br />

Nel corso dell’indagine-ascolto si può scoprire che i termini della<br />

contesa sono <strong>più</strong> sfumati e complicati rispetto a come si erano pre-<br />

1. L. Susskind, S.<br />

McKearnan, J. Thomas-<br />

Larmer, (a cura di), The<br />

Consensus Building<br />

Handbook. A<br />

Comprehensive Guide to<br />

Reaching Agreeement,<br />

Thousand Oakes-London,<br />

Sage, 1999.<br />

COME. APPROCCI E TECNICHE PER LA GESTIONE DEI CONFLITTI 101

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