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A più voci - Magellano

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122 A PIÙ VOCI<br />

non per tirare il pallone in porta”, disse una volta un assessore all’avvio<br />

di un processo di questo tipo. Ed è proprio questo l’atteggiamento<br />

migliore, perché dà fiducia ai partecipanti e nello stesso gli conferisce<br />

un riconoscimento.<br />

Il problema è che la volontà politica non può essere assicurata<br />

una volta per tutte. Il quadro politico può mutare. Possono cambiare<br />

le giunte e gli assessori. Molti processi sono stati messi in difficoltà<br />

da cambiamenti di questo tipo. Basta che il nuovo assessore<br />

(anche dello stesso partito) sia meno sensibile alla questione.<br />

Bisogna saperlo, anche se non è facile correre ai ripari. Al massimo<br />

questo potrebbe essere un incentivo a sviluppare i processi in tempi<br />

brevi e prevedibili.<br />

Funzioni di leadership<br />

La regia del processo può essere esercitata in modo leggermente<br />

diverso, ossia assicurando un ruolo di leadership. Qui non si tratta<br />

soltanto di garantire dall’esterno il buon andamento del processo,<br />

ma di adoperarsi dall’interno perché le cose funzionino e, se non<br />

funzionano, per cambiare rotta. Quasi sempre i processi hanno<br />

bisogno di un leader. Molte ricerche, per esempio sui patti territoriali,<br />

hanno mostrato che la presenza di un leader può fare la differenza.<br />

Il leader deve essere attento a pilotare il processo e a favorire<br />

l’interazione tra gli stakeholder, mostrandosi interessato al raggiungimento<br />

di risultati condivisi da tutti. In altre parole il leader non<br />

deve giocare in proprio, ma dimostrare nei fatti di essere lì per lavorare<br />

per l’interesse comune.<br />

Il garante e il leader<br />

Le due funzioni, quella di garanzia e quella di leadership, non sono<br />

facilmente distinguibili. L’una sfuma nell’altra. Mentre però la funzione<br />

di garanzia deve essere necessariamente svolta da un politico, la<br />

funzione di leadership può essere svolta da un dirigente. Si tratta di<br />

una configurazione frequente e (tra l’altro) molto fruttuosa: il dirigente<br />

guida il processo e il politico (<strong>più</strong> o meno dietro le quinte) lo<br />

protegge e lo garantisce. È inutile dire che si tratta di un equilibrio<br />

delicato. E proprio per questo va costruito con cura.<br />

Una parentesi: i processi inclusivi non rischiano<br />

di svuotare il ruolo dei politici?<br />

Qui si apre una questione scottante: il politico che si affida a un processo<br />

inclusivo si spoglia dei suoi poteri decisionali per delegarli a un<br />

insieme di persone <strong>più</strong> o meno rappresentative. Non si tratta di una<br />

rinuncia delle proprie prerogative? O addirittura di un tradimento del<br />

suo mandato elettorale?<br />

Indubbiamente i processi inclusivi occupano uno spazio che è tradizionalmente<br />

di esclusiva pertinenza della politica. Compete infatti

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