A più voci - Magellano
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142 A PIÙ VOCI<br />
• politiche dei tempi e degli orari: la disposizione, per la verità piuttosto<br />
vaga, dell’art. 36 Legge 142/2000, secondo cui il sindaco<br />
coordina “gli orari degli esercizi commerciali, dei servizi pubblici,<br />
nonché gli orari di apertura al pubblico degli uffici periferici delle<br />
amministrazioni pubblicheӏ stata precisata dal capo VII della<br />
Legge 53/2000 dove si prevede esplicitamente l’inclusione di<br />
numerosi soggetti pubblici e privati nella redazione del piano degli<br />
orari e si istituisce un apposito tavolo di concertazione;<br />
• politiche ambientali: è difficile indicare in quanti casi la legge affidi<br />
la redazione di piani o di scelte specifiche a forme di concertazione<br />
inclusiva. Per fare solo un esempio il D.Lgs. 22/1997 sulla gestione<br />
dei rifiuti prevede ben sette tipi diversi di accordi o contratti di programma<br />
per la propria attuazione. Le politiche ambientali richiedono<br />
infatti, per la loro stessa natura, il confronto tra interessi diversi e<br />
quindi la pratica dell’inclusione ha trovato qui un fertile terreno. È<br />
però interessante notare che il <strong>più</strong> importante processo inclusivo<br />
avviato in campo ambientale sia costituito dai progetti di Agenda 21<br />
locale che tuttavia non trovano fondamento nella legge italiana, ma<br />
in una serie di atti adottati a livello internazionale o europeo.<br />
Questo elenco di politiche è parziale e incompleto. Ci premeva<br />
mostrare l’ampiezza con cui il ricorso all’inclusione degli stakeholder<br />
è previsto dalla legge. Osservando il cammino compiuto negli ultimi<br />
10-15 anni si può affermare che esiste una netta tendenza, da parte<br />
del legislatore ad ampliare i confini delle procedure concertative e<br />
consensuali, fino ad indicarle come il metodo privilegiato per affrontare<br />
problemi complessi, che coinvolgono molteplici interessi.<br />
Va comunque detto che la previsione contenuta nelle leggi ha sempre<br />
un carattere generico. Quando una legge sollecita l’inclusione, non dice<br />
con quali metodi debba realizzarsi o attraverso quali fasi. Talvolta si limita<br />
a indicare, grosso modo, quali categorie di attori sarebbe necessario<br />
coinvolgere. È un bene che sia così,perché prescrizioni troppo minuziose<br />
rischierebbero di irrigidire troppo i processi e di renderli inutili.<br />
Processi inclusivi extra legem<br />
Malgrado i crescenti riferimenti della legislazione a processi di tipo<br />
consensuale, può presentarsi l’esigenza di aprire un’esperienza di decisione<br />
inclusiva al di fuori dei casi previsti dalla legge. E, di fatto, succede<br />
spesso. Si può scegliere di affrontare un conflitto urbano invitando<br />
tutte le parti attorno a un tavolo. Si può istituire un forum per<br />
approfondire una questione controversa. Si può accompagnare la progettazione<br />
di un’opera pubblica con una serie di incontri con gli<br />
stakeholder. Tutte queste iniziative rappresentano qualcosa di <strong>più</strong><br />
rispetto a ciò che le procedure stabiliscono. Possono essere intraprese<br />
liberamente perché rientrano nel campo di quelle numerosissime attività<br />
informali che non hanno alcun rilevo per la legge. Possono essere<br />
gestite come parentesi all’interno delle procedure formali. Il loro status