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A più voci - Magellano

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Scheda 1 Favorire l’informalità<br />

58 A PIÙ VOCI<br />

ni e l’amministrazione; quest’ultima è soltanto tenuta a rispondere alle<br />

osservazioni, nuovamente in forma scritta. Queste forme di partecipazione<br />

non consentono alcuno sviluppo di tipo dialogico. Permettono di<br />

affermare e difendere degli interessi, ma non di ridefinirli nel contesto<br />

decisionale. L’approccio consensuale che viene qui presentato assume<br />

invece come aspetto centrale proprio la possibilità di trasformare, attraverso<br />

il confronto, la natura delle poste in gioco.<br />

Naturalmente le relazioni informali esistono anche nelle amministrazioni<br />

tradizionali (altrimenti non funzionerebbero): i funzionari si parlano,<br />

si telefonano, si consultano, vanno a prendere il caffè insieme. Ma<br />

questi comportamenti non sono tematizzati, né organizzati: rimangono ai<br />

margini dell’attività amministrativa vera e propria, non ci si ragiona su.<br />

I processi inclusivi si collocano nel campo opposto: qui il massimo<br />

sforzo è dedicato a organizzare e gestire scambi informali e relazioni<br />

faccia a faccia tra i partecipanti, al di fuori di qualsiasi ufficialità.<br />

Come favorire questi comportamenti?<br />

Innanzi tutto si tratta di compiere ogni sforzo per mettere a proprio<br />

agio i partecipanti. Va studiata l’accoglienza (ossia il modo con<br />

cui i partecipanti vengono ricevuti) e l’accessibilità dei luoghi di<br />

incontro. Lo spazio di interazione inclusivo non deve solo essere<br />

raggiungibile fisicamente, ma dovrebbe essere scelto in modo accurato<br />

perché sia percepito come di tutti e non troppo connotato da<br />

alcuni interessi o soggetti. Chi vi accede dovrebbe sentirsi a proprio<br />

agio. L’invito dovrebbe essere sufficientemente caldo e motivante,<br />

ovvero essere preceduto da una fase di ascolto che ha la funzione<br />

principale di costruire un rapporto di fiducia e collaborazione: serve<br />

a poco convocare un incontro pubblico, ancorché informale, se non<br />

si è fatto nulla per animare il contesto di intervento in modo da<br />

creare un’aspettativa per quell’evento.<br />

In secondo luogo la forma assembleare è normalmente bandita,<br />

perché nelle assemblee soltanto poche persone hanno la capacità o il<br />

coraggio di parlare. I metodi inclusivi si basano sempre su riunioni di<br />

piccoli gruppi (diciamo dalle 5 alle 20 persone) in cui le persone non<br />

hanno l’obbligo di fare interventi, ma possono limitarsi a esprimere il<br />

loro pensiero in poche parole, controbattere a quello che dicono gli<br />

altri, prendere la parola <strong>più</strong> volte nel corso della stessa sessione, interrompersi<br />

a vicenda. Quando i partecipanti sono numerosi, li si può<br />

suddividere in tanti piccoli gruppi di lavoro che in seguito troveranno<br />

il modo di relazionarsi tra di loro.<br />

DAL PICCOLO GRUPPO AL GRUPPO ALLARGATO<br />

Una strategia che noi utilizziamo spesso, nella conduzione dei processi partecipati, è la strutturazione del lavoro<br />

dei partecipanti dal piccolissimo gruppo al gruppo <strong>più</strong> allargato.

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