A più voci - Magellano
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partecipazione degli abitanti alla definizione degli obiettivi”. A<br />
fare da battistrada era stata comunque l’Unione europea con i<br />
progetti di iniziativa comunitaria Urban 1 e Urban 2 in cui il<br />
coinvolgimento degli stakeholder locali veniva presentato come<br />
un requisito indispensabile;<br />
• politiche sociali: un primo importante passo verso la progettazione<br />
inclusiva è stato dato dalla legge sull’infanzia e l’adolescenza<br />
(Legge 285/1997), che prevede espressamente l’elaborazione<br />
del piano territoriale attraverso la concertazione tra diversi enti<br />
statali e locali. Ancora <strong>più</strong> esplicitamente la legge quadro sulle<br />
politiche sociali (Legge 328/2000) indica una lunga serie di soggetti<br />
(pubblici, privati, del terzo settore) che possono essere<br />
coinvolti nell’elaborazione dei piani di zona e nella successiva<br />
stipulazione del relativo accordo di programma. Alcune regioni<br />
hanno precisato e ampliato questa direttiva generale contenuta<br />
nella legge, ponendo il coinvolgimento degli stakeholder come la<br />
chiave di volta per la programmazione degli interventi sociali<br />
sul territorio (vedi scheda 1) e stabilendo specifiche istruzioni<br />
in questa direzione;<br />
Scheda 1 Piani di Zona: le linee guida della Regione Marche<br />
Nel corso del 2002 la Regione Marche ha approvato con una delibera di Giunta specifiche linee guida di indirizzo<br />
e supporto alla realizzazione dei Piani di Zona a livello di Ambito Territoriale – aggregazione intercomunale<br />
corrispondente ai distretti sanitari o loro multipli.<br />
Le linee guida definiscono esplicitamente un percorso di progettazione partecipata dei Piani di Zona, delineandone<br />
le fasi fondamentali e suggerendo strumenti e modalità. In particolare prevedono la costituzione di<br />
tavoli di lavoro tematici composti da rappresentanti di associazioni no profit, organizzazioni sindacali, agenzie<br />
educative e <strong>più</strong> in generale da tutte le formazioni sociali del territorio che a partire da un’analisi dei bisogni<br />
avanzino proposte in merito agli obiettivi e alle priorità da perseguire. Dall’assemblaggio ragionato degli elaborati<br />
prodotti dai tavoli di lavoro si giunge ad una prima bozza del Piano di Zona che va in seguito discussa<br />
nel Comitato dei sindaci, con i tavoli di lavoro e con la stessa popolazione per giungere alla stesura definitiva.<br />
La sua formalizzazione è, infine, demandata alla stipulazione di un Accordo di Programma tra le amministrazioni,<br />
parallelamente ad un protocollo di intesa che ne riprenda i contenuti firmato dagli enti pubblici coinvolti<br />
e dai soggetti membri dei tavoli di lavoro.<br />
Le Linee guida prevedono inoltre la possibilità di ricorrere, nell’ambito del percorso di partecipazione, a<br />
forum di discussione, interviste a testimoni privilegiati, conferenze dei servizi, indagini ad hoc, mentre la<br />
regia dell’intero processo è affidata al Coordinatore di Ambito, professionista nel campo sociale nominato dal<br />
Comune capofila dell’Ambito Territoriale, in collaborazione con uno specifico Ufficio di Piano composto dai<br />
funzionari responsabili del settore servizi sociali dei Comuni appartenenti ad uno stesso Ambito.<br />
Scheda a cura di Gianfranco Pomatto<br />
Regione Marche: DGR 1968 del 12 novembre 2002, Approvazione Linee guida per la predisposizione e l’approvazione<br />
dei Piani di Zona 2003, BUR n. 126 del 29 novembre 2002.<br />
E LE PROCEDURE FORMALI? 141