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A più voci - Magellano

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Scheda 1 Il rapporto tra tecnici e politici<br />

120 A PIÙ VOCI<br />

un processo concertativo. Un comitato di agricoltori che protesta<br />

contro i cacciatori (tanto per fare un esempio), vuole prima di<br />

tutto far sentire le proprie ragioni agli enti pubblici, ma non ha un<br />

particolare interesse ad andare a un confronto diretto con la controparte<br />

(che spesso considera un nemico). I commercianti e i residenti<br />

in conflitto su un progetto di pedonalizzazione, chiederanno<br />

a gran voce di essere ascoltati dal sindaco, ma difficilmente proporranno<br />

di mettersi attorno a un tavolo per dirimere la questione.<br />

Perché un processo inclusivo possa avviarsi è quasi sempre indispensabile<br />

una scelta esplicita dell’amministrazione.<br />

Dal mezzo<br />

Certe volte, queste iniziative non nascono né dal basso, né dall’alto,<br />

ma dal mezzo, ossia dagli operatori che lavorano sul campo, a<br />

diretto contatto con i problemi e che capiscono la necessità di<br />

mettere a confronto tutti i soggetti interessati. Anche loro hanno<br />

comunque il problema di coinvolgere i vertici politici dell’amministrazione.<br />

Il problema del rapporto tra tecnici e politici è, in<br />

questo ambito (come del resto in molti altri) particolarmente delicato<br />

(vedi scheda 1).<br />

Un problema molto importante è quello del rapporto tra l’aspetto tecnico e quello politico: se un decisore politico<br />

o un funzionario comunale avvia un processo partecipato e il decisore politico locale non capisce o non gradisce<br />

per motivi di rivalità politica, il processo è compromesso. Penso che la sfida futura della progettazione partecipata<br />

stia nella creazione di un linguaggio comune tra tecnici e politici che dovrà tradursi in procedure condivise,<br />

non troppo rigide perché verrebbero eluse. La partecipazione non deve essere vissuta come un dovere che complica<br />

le cose, può invece rafforzare il piacere di progettare e fare politica.<br />

Testimonianza di Mario Spada, Comune di Roma<br />

Dal di fuori<br />

Nelle esperienze internazionali sono abbastanza frequenti i casi di<br />

processi inclusivi promossi da istituzioni autonome: fondazioni culturali,<br />

organizzazioni no profit, centri di ricerca, think tanks (spesso,<br />

ma non necessariamente, con qualche accordo preliminare con le<br />

amministrazioni pubbliche competenti). Per esempio negli Stati Uniti<br />

e in Gran Bretagna numerosi casi di giurie di cittadini sono promossi<br />

da istituzioni culturali come il Jeffereson Center di Minneapolis<br />

(www.jefferson-center.org/default.htm) o l’Institute for Public Policy<br />

Research di Londra (www.ippr.org.uk/home/). Si tratta di una prospettiva<br />

molto interessante, perché denota un ruolo autonomo di

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