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A più voci - Magellano

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64 A PIÙ VOCI<br />

culture diverse, che partono da premesse implicite (non chiare neppure<br />

a ciascuna di esse) molto distanti tra di loro.<br />

L’amministratore pubblico che intraprende la strada dell’ascolto si<br />

trova spesso in situazioni simili. Anche le nostre società sono divise in<br />

tribù che stentano a capirsi tra di loro. Un ingegnere tenderà a liquidare<br />

come irrazionali le opposizioni dei residenti contro l’inceneritore<br />

(e quindi non sarà in grado di ascoltarli) e i cittadini che protestano<br />

avranno qualche difficoltà ad ascoltare lui. Anche all’interno della<br />

stessa amministrazione le tribù non mancano: lo si vede quando si<br />

cerca di mettere in piedi un progetto integrato che coinvolga, poniamo,<br />

i servizi sociali, il settore urbanistico, quello parchi e giardini e<br />

l’ufficio immigrazione. Ciascuno di essi si basa su premesse implicite<br />

che ostacolano la reciproca comprensione. In queste condizioni è<br />

probabile che ci si ascolti male e che ci si capisca poco.<br />

L’ascolto attivo si basa su sette regole fondamentali. Qui ci limitiamo<br />

a riportare le tre <strong>più</strong> importanti.<br />

Prima regola: Se vuoi comprendere quello che un altro sta dicendo,<br />

devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli<br />

eventi dalla sua prospettiva. L’ascolto attivo implica il passaggio da un<br />

atteggiamento del tipo “giusto – sbagliato”, “io ho ragione – tu hai<br />

torto”, “amico – nemico”, a un altro che assume che l’interlocutore è<br />

intelligente e che dunque bisogna mettersi nelle condizioni di capire<br />

com’è che comportamenti che ci sembrano irragionevoli (per esempio<br />

le proteste del cittadino agli occhi dell’ingegnere), per lui sono<br />

totalmente ragionevoli e razionali.<br />

Questo punto è ben illustrato dalla storiella del giudice saggio,<br />

davanti al quale si presentano due litiganti. Il giudice ascolta il primo<br />

litigante con grande attenzione e alla fine gli dice: “Hai ragione”.Poi<br />

ascolta il secondo e: “Hai ragione” dice anche a lui. Si alza uno dal<br />

pubblico: “Eccellenza non possono aver ragione entrambi!”. Il giudice<br />

ci pensa sopra un attimo e poi, serafico: “Hai ragione anche tu!”.La<br />

storia è molto istruttiva perché anche di fronte a ragioni apparentemente<br />

incompatibili, l’atteggiamento del giudice saggio è di muovere<br />

dalla premessa che siano tutte buone. Di qui si deve partire per realizzare<br />

un ascolto attivo. Poi si vedrà.<br />

Sia l’ingegnere che il cittadino arrabbiato hanno buone ragioni<br />

dalla loro parte, ma come fare a riconoscerle? Come fa l’ingegnere a<br />

vedere le ragioni del cittadino (e viceversa)? Ecco quindi la seconda<br />

regola che dice: Quello che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per<br />

riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare il tuo punto di<br />

vista. L’ingegnere (come tutti noi) tende a ritenere che il suo punto<br />

di vista è universale, è valido oggettivamente: dà per scontate le premesse<br />

da cui parte e che in realtà non ha mai esplicitato neanche a<br />

sé stesso. Soltanto se si rende conto della sua cornice implicita, può<br />

mettersi in grado di ascoltare il cittadino arrabbiato. Deve uscire<br />

dalla cornice. Deve imparare a osservarsi.<br />

Ma come si può mettere in discussione la propria cornice? Ecco la<br />

terza regola: Le emozioni sono strumenti conoscitivi fondamentali se sai

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