A più voci - Magellano
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prima strada le parti cercano di raggiungere un accordo adeguando<br />
le loro pretese a quelle della propria controparte e scambiandosi<br />
qualcosa. Con la seconda strada le parti cercano di raggiungere un<br />
punto di vista comune, chiarendo le loro posizioni mediante argomenti<br />
e modificandole in seguito agli argomenti che vengono presentati<br />
dagli altri.<br />
La trasformazione dei conflitti non porta necessariamente alla<br />
loro soluzione. Non è detto che le parti riescano a trovare un accordo<br />
(in caso di negoziazione) o un punto di vista comune (in caso di<br />
discussione). Il processo di trasformazione può fallire in tutto o in<br />
parte, può condurre a risultati parziali (per esempio un accordo su<br />
alcuni aspetti e non su altri) o instabili (per esempio un accordo che<br />
dopo un po’ di tempo viene rimesso in discussione). Non possiamo<br />
pretendere di superare tutti i conflitti, ci mancherebbe altro. Ma il<br />
processo di trasformazione è comunque utile, perché consente alle<br />
parti di ascoltarsi, di rivedere le proprie posizioni e di arricchirle, di<br />
migliorare le loro relazioni, di scoprire (o solo intravedere) nuove vie<br />
di uscita, o semplicemente di concordare una tregua.<br />
L’impossibilità di ricorrere al voto<br />
Nella vita politico-amministrativa si negozia e si discute in continuazione,<br />
tra partiti, tra gruppi, tra interessi. In questo caso, però, esistono<br />
due altre possibilità di chiudere il conflitto. La prima possibilità<br />
consiste nel passare ai voti. Se con il negoziato o con la discussione<br />
non si riesce a colmare la distanza tra le posizioni dei partecipanti, è<br />
possibile tranciare di netto la questione con un voto di maggioranza<br />
(per esempio in un consiglio comunale o in un consiglio di amministrazione).<br />
In questo caso ci saranno vincitori e vinti, ma gli sconfitti<br />
accetteranno il punto di vista della maggioranza, perché lo considerano<br />
come un procedimento legittimo (salvo cercare di rifarsi in un’occasione<br />
successiva).<br />
La possibilità di ricorrere al voto non è disponibile nelle arene che<br />
vengono costruite ad hoc nel corso dei processi inclusivi. Nei tavoli di<br />
concertazione dei patti territoriali, nei forum di Agenda 21, nei workshop,<br />
nei focus group, nei tavoli sociali, ecc. di solito non si vota. Anzi,<br />
i partecipanti tendono istintivamente a diffidare di chi proponga di<br />
troncare la discussione attraverso la conta dei voti.<br />
L’impossibilità di votare costituisce un evidente svantaggio, perché<br />
può dare spazio ai veti di piccole minoranze e condurre alla paralisi.<br />
Se questo succede – ossia se non si riesce a trasformare il conflitto – la<br />
parola passerà agli organi (consigli comunali, provinciali, ecc., il sindaco,<br />
ecc.) a cui la legge conferisce il potere di decidere.<br />
Ma l’impossibilità di votare dà anche alcuni vantaggi. Innanzi<br />
tutto, induce i partecipanti a andare avanti finché non venga raggiunta<br />
una soluzione condivisa. Essi sanno che non esistono scorciatoie e<br />
sono quindi costretti a impegnarsi per costruire insieme qualche<br />
COME. APPROCCI E TECNICHE PER LA GESTIONE DEI CONFLITTI 99