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A più voci - Magellano

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evitare e quali sono invece accettabili. Gli urbanisti analizzano lo stato<br />

del territorio, la distribuzione degli usi del suolo, le possibili fonti di<br />

congestione e indicano le misure che possono migliorare la situazione.<br />

Gli architetti analizzano i bisogni di un’area urbana e progettano<br />

edifici e servizi in modo che rispondano a quei bisogni.<br />

Ma i tecnici hanno una conoscenza del territorio (dell’ambiente o<br />

della città) diversa da quella degli abitanti: <strong>più</strong> approfondita su certi<br />

aspetti, <strong>più</strong> superficiale su altri. Interpretano i bisogni dei cittadini<br />

sulla base di parametri collaudati sul piano scientifico, ma possono<br />

commettere errori perché non sempre sanno esattamente ciò che i<br />

cittadini vogliono o non vogliono. Alcuni impatti sono attualmente<br />

poco conosciuti (ad esempio, gli effetti delle onde elettromagnetiche),<br />

ma creano egualmente allarme. L’apporto dei tecnici è ovviamente<br />

indispensabile: esistono alcuni aspetti che i cittadini non riescono a<br />

vedere o tendono a sottovalutare. Ma può non essere sufficiente, perché<br />

esistono anche aspetti che i tecnici non riescono a vedere o tendono<br />

a sottovalutare e a cui invece i cittadini sono molto sensibili.<br />

Capita così che anche interventi concepiti, con le migliori intenzioni,<br />

allo scopo di migliorare la situazione di una comunità locale, possano<br />

essere percepiti da quest’ultima come sbagliati o addirittura<br />

come una minaccia. Si possono autorizzare impianti, tecnicamente<br />

innocui, ma che spaventano (a torto o a ragione). Si possono fornire<br />

servizi che non saranno utilizzati. Si possono ristrutturare spazi pubblici,<br />

senza tener conto delle esigenze di particolari categorie di utenti.<br />

È molto difficile che un esperto o l’amministratore che si vale della<br />

sua competenza riescano a riconoscere di essere ciechi su certi aspetti e<br />

di aver bisogno dell’apporto di chi vive sul territorio. Ma senza questa<br />

attenzione si rischia semplicemente di incrinare il rapporto di fiducia<br />

(peraltro sempre precario) tra l’amministrazione e i cittadini, di creare<br />

ulteriori occasioni di tensione e offrire strutture, interventi o servizi<br />

che verranno giudicati negativamente dai diretti interessati.<br />

Scheda 5 Quando mancano le conoscenze<br />

MILANO, VIGILI DI QUARTIERE: LA COSTRUZIONE DELLE MAPPE DEL RISCHIO<br />

Nel 1998 a Milano è stato istituito il Tavolo Interistituzionale Operativo per la sicurezza presieduto dall’Assessore<br />

alla sicurezza urbana e dai rappresentanti della prefettura, della questura, della guardia di finanza, dei carabinieri<br />

e dell’autorità giudiziaria, con il compito di costruire una una mappa del rischio in città, al fine di localizzare i<br />

presidi di polizia municipale e i perimetri delle aree dei vigili di quartiere.<br />

Poiché a livello cittadino mancavano dati statistici sulla criminalità sufficientemente disaggregati non era possibile<br />

costruire una mappa del rischio in modo quantitativo; dovendo procedere in tempi brevi alla selezione delle aree<br />

prioritarie di intervento, si è scelto di seguire un approccio di tipo qualitativo.<br />

Nel corso della prima riunione del Tavolo Operativo, si è proposto quindi di procedere all’elaborazione di otto<br />

mappe per la rappresentazione territoriale del rischio così come percepito dal punto di osservazione di ciascuno<br />

dei soggetti partecipanti al Tavolo.<br />

IN QUALI CIRCOSTANZE 25

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