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Terza guerra sannitica - mura di tutti

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IL TUMULTUS GALLICUS NEL 295 37<br />

Le due parti si schierano e un lieto presagio incoraggia<br />

i Romani, ma con tutto ciò non si hanno da principio suc-<br />

cessi, perchè l'ala sinistra, posta <strong>di</strong> fronte ai Galli e co-<br />

mandata da Decio, è turbata e posta in fuga dallirrompere<br />

dei carri nemici. Qui abbiamo ora la solenne devotio <strong>di</strong><br />

Publio Decio Mure (1), sulla quale si ripetono le stesse cose<br />

già dette (Liv. Vili, 9) per il padre <strong>di</strong> lui nella <strong>guerra</strong><br />

latina. La morte eroica del console rialza le sorti dell'ala<br />

sinistra, mentre sulla destra Fabio, il quale cuncfanclo ex-<br />

iraxerat <strong>di</strong>em (X, 29, 8), dopo aver sul principio cercato<br />

solamente <strong>di</strong> trattenere i Sanniti, e dopo aver mandato<br />

alcune truppe a soccorrere il collega, gira alle spalle dei<br />

nemici, li abbatte, ne prende i campo e ne uccide il duce<br />

Gellio Egnazio. Finalmente poi si volge contro i Galli, che,<br />

presi, alle spalle, non possono resistergli. Cosi la vittoria è<br />

assicurata ai Romani (2), e si è <strong>di</strong>mostrato che contro <strong>di</strong> loro<br />

non può nulla l'unione dei più forti popoli della penisola.<br />

(1) Sulla devotio, che è attribuita a P. Decio Mure nel 340 alla bat-<br />

taglia <strong>di</strong> Veseris,Qà è ripetuta per il figlio <strong>di</strong> lui nel 295 a Seatino,<br />

e torna un'altra volta per il nipote ad Aasculum nel 279, possiamo<br />

<strong>di</strong>re soltanto che quest'ultima pare la meno autentica, perchè non<br />

ci fu una vittoria romana. Certo si tratta <strong>di</strong> duplicazioni d'uno stesso<br />

fatto, ma non c'è dato stabilire qualche cosa <strong>di</strong> certo. Cfr. su ciò il<br />

Pais, St <strong>di</strong> Roma, p. 260, seg. e p, 432.<br />

-(2) Non c'è da insistere sulle cifre degli annalisti riguardo alle<br />

forze che erano in campo nel 295 ; si <strong>di</strong>ce infatti che quest'anno i Romani<br />

avevano sotto le armi <strong>di</strong>eci legioni, quattro con i consoli, quattro<br />

con i propretori, e due col proconsole Volunnio. Ma l'esercito <strong>di</strong> Appio,<br />

ad onta <strong>di</strong> quel che <strong>di</strong>ce Livio (X, 25, 15), non restò in campo, perchè<br />

nella minuta descrizione della battaglia non lo ritroviamo. Ad ogni<br />

modo il numero <strong>di</strong> <strong>di</strong>eci legioni è esagerato, se si pensa che nella<br />

battaglia <strong>di</strong> Canne (secondo la notizia <strong>di</strong> Polibio III, 107, 9) per la<br />

prima volta i Romani avevano messo in campo otto legioni. Del resto<br />

Livio stesso ci avverte delle esagerazioni degli annalisti romani (X, 30, 4),<br />

specialmente per le forze nemiche, poiché alcuni annoveravano nell'e-<br />

sercito nemico niente <strong>di</strong> meno che pe<strong>di</strong>tum dcciens centena milia, eqnitum<br />

sex et quadraginta milia, mille carpentorum. Però a questo proposito è<br />

curioso vedere che il Pais confonde il de.ciens centena milia <strong>di</strong> Livio<br />

col Séxa |ji,upta5sg <strong>di</strong> Duride (Diod. XXI, 6), anzi si basa proprio su<br />

questo per parlare della <strong>di</strong>pendenza degli annalisti dagli scrittori<br />

greci (Pais, St. <strong>di</strong> lioma, I, 2, p. 433, n. 4).

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