Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch
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un’esperienza si trasforma in una lezione operante, <strong>di</strong> cui si stanno raccogliendo i<br />
frutti: “In questo momento che scrivo, le campane suonano a <strong>di</strong>stesa, e annunziano<br />
l’entrata degl’italiani a Roma. Il potere temporale crolla. E si grida il viva all’unità<br />
d’Italia. Sia gloria a Machiavelli”. Il cortocircuito tra passato e presente è imme<strong>di</strong>ato.<br />
Roma ricongiunta all’Italia segna un nuovo capitolo che attesta la gloria <strong>di</strong><br />
Machiavelli. Storia e cronaca si stringono assieme, saldandosi in unico nesso e in un<br />
inscin<strong>di</strong>bile rapporto.<br />
Il quadro che De Sanctis traccia ha avuto una straor<strong>di</strong>naria fortuna. Certo, molti<br />
punti <strong>di</strong> vista sono cambiati, se paragonati al modo con il quale noi contemporanei<br />
leggiamo Guicciar<strong>di</strong>ni. Per i lettori <strong>dei</strong> nostri giorni i Ricor<strong>di</strong> non sono più “la<br />
corruttela italiana co<strong>di</strong>ficata e innalzata a regola <strong>di</strong> vita”. Essi testimoniano, piuttosto,<br />
la coscienza tragica <strong>di</strong> chi assiste alla “ruina” <strong>di</strong> un mondo, senza avere nessun punto<br />
<strong>di</strong> riferimento. Più che un Dio “alto e sereno”, che ironizza sugli uomini, Guicciar<strong>di</strong>ni<br />
appare un personaggio drammatico, che contempla la crisi <strong>di</strong> un’epoca e prova a<br />
intendere la sua inquietante novità. Questo è, però, un altro <strong>di</strong>scorso. Il giu<strong>di</strong>zio che<br />
De Sanctis pronuncia ha fatto scuola e ha avuto una assai lunga durata. Arriva, per<br />
esempio, a un teorico come Antonio Gramsci, che riprende appunto l’opposizione<br />
Machiavelli- Guicciar<strong>di</strong>ni e la declina esattamente nei termini <strong>desanctisiani</strong>.<br />
Machiavelli è l’immagine del politico, che sa guardare oltre il proprio presente e cerca<br />
<strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzare, governandole, le trasformazioni della storia. Il “principe” può prendere i<br />
panni <strong>di</strong> un soggetto collettivo, capace <strong>di</strong> imprimere un movimento razionale allo<br />
svolgimento <strong>dei</strong> fatti. Dall’altra parte, invece, Guicciar<strong>di</strong>ni è l’esempio del<br />
<strong>di</strong>plomatico, che, a <strong>di</strong>fferenza del politico, si preoccupa solamente <strong>di</strong> amministrare le<br />
cose, senza incidere sui loro processi. Egli rinunzia programmaticamente a governare<br />
le possibili trasformazioni e intende soprattutto sfruttare l’esistente, ignorando i punti<br />
<strong>di</strong> fuga o soffocando le potenzialità che la storia sembra avere dentro <strong>di</strong> sé. È un altro<br />
modo, ancora una volta, per sancire un’antitesi e per scegliere, nella <strong>di</strong>alettica tra i due<br />
mon<strong>di</strong>, le ragioni <strong>di</strong> Machiavelli contro le ragioni <strong>di</strong> Giucciar<strong>di</strong>ni. Anche se i nostri<br />
punti <strong>di</strong> vista sono inevitabilmente cambiati, il mutamento <strong>di</strong> prospettiva non oscura la<br />
lezione <strong>di</strong> un grande libro: un classico, appunto, quale è <strong>di</strong>ventata la Storia della<br />
letteratura italiana. In realtà, l’elemento che caratterizza nel modo più resistente<br />
l’opera <strong>di</strong> De Sanctis è il metodo con il quale egli interroga la storia letteraria. De<br />
Sanctis carica <strong>di</strong> energia il suo testo, trasformando l’atto critico in un appassionato<br />
sforzo d’interpretazione e <strong>di</strong> conoscenza. Ha bisogno <strong>di</strong> un testimone che sia inserito<br />
nel circolo delle sue analisi e che partecipi alle sue passioni e ai suoi giu<strong>di</strong>zi. Da<br />
questa tensione <strong>di</strong>pende anche il pathos che attraversa la sua scrittura: il rivolgersi<br />
<strong>di</strong>retto al lettore, con l’adozione frequente della seconda persona, oppure la<br />
mescolanza <strong>di</strong> registri <strong>di</strong>versi, come autobiografia e <strong>di</strong>scorso critico, che, in vario<br />
modo, conferiscono ai ragionamenti concretezza ed evidenza. La Storia della<br />
letteratura non si esaurisce in un asettico monologo scientifico, ma ha la ricchezza <strong>di</strong><br />
un <strong>di</strong>alogo aperto, la vivacità <strong>di</strong> un appello costante a chi legge, affinché capisca le<br />
ragioni da cui si muove chi sta scrivendo. Parafrasando quello che ha detto una volta<br />
un celebre teorico della letteratura, si può <strong>di</strong>re che De Sanctis compie il gesto<br />
<strong>di</strong>stintivo del grande critico: legge, nel tempo passato in cui le opere sorsero, il tempo<br />
che le conosce. Questa <strong>di</strong>alettica tra il tempo della conoscenza e il tempo della storia<br />
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