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Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

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immerge nella lettura <strong>di</strong> un estroso protagonista dell’antihegelismo: Schopenhauer e il<br />

pessimismo <strong>di</strong> costui è in qualche modo avvicinabile a quello <strong>di</strong> Giacomo Leopar<strong>di</strong>.<br />

Ma come può un De Sanctis sentirsi vicino ad uno Schopenhauer che non crede né<br />

nell’idea <strong>di</strong> “patria”, né in quella <strong>di</strong> “libertà” e si mostra zelota della monarchia<br />

assoluta? Sono presenti due logiche: da una parte c’è un De Sanctis che ha acquisito il<br />

taglio <strong>di</strong>scorsivo <strong>di</strong> un ricercatore- filologo che intende ricostruire quello che<br />

Schopenhauer ha veramente pensato, dall’altra, un De Sanctis, che dando argute svolte<br />

ironiche al proprio <strong>di</strong>scorso, ci rende edotti del molto che nel filosofo non lo persuade.<br />

E’ da sottolineare il fatto che il De Sanctis, espositore del pensiero del filosofo, mostra<br />

una tale capacità <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>ta verifica da creare in Schopenhauer stupore ed<br />

ammirazione chiaramente espressi in una lettera al Lindner. Abbiamo un De Sanctis<br />

versatile e pluricorde: capace <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>te ricerche nel settore antihegeliano,<br />

proprio mentre rimane memorabile nella sua mente l’impatto del pensiero dello Hegel.<br />

Sono giunto al termine del mio intervento. Invito voi giovani che avete avuto la<br />

pazienza <strong>di</strong> ascoltarci, ad avvicinarvi subito alla lettura <strong>di</strong> tre scritti del De Sanctis: La<br />

Giovinezza, Un viaggio elettorale e la Storia della Letteratura Italiana tenendo conto<br />

delle priorità da me suggerite. La Giovinezza, rimasta incompleta, copre i primi<br />

trent’anni della vita dello stu<strong>di</strong>oso. Troverete descritto il pathos <strong>di</strong> un’avventura<br />

<strong>di</strong>dascalica ispirata ad amore, mai <strong>di</strong>scontinuo, tra maestro e <strong>di</strong>scepoli: un amore che<br />

si estende a quel poeta che tanto ha contato per maestro e <strong>di</strong>scepoli della prima scuola<br />

napoletana: Giacomo Leopar<strong>di</strong>. Non è detto che essi lo abbiano allora capito senza<br />

fraintenderlo. Da questo suo passato, ovviamente, il De Sanctis sa prendere, quando<br />

occorre, le <strong>di</strong>stanze, ma per questo passato egli conserva un amore profondo.<br />

Io vi invito a riviverlo attraverso i suoi bellissimi scritti! Vi ringrazio intanto per<br />

averci ascoltato.<br />

P.S.<br />

Ritengo doveroso ritornare sull’errore desanctisiano da me registrato a pp. 246-<br />

247 del presente scritto.<br />

Nel capitolo VII della Storia della Letteratura Italiana il De Sanctis scrive<br />

esattamente così: “S. Tommaso, dette le lo<strong>di</strong> <strong>di</strong> San Francesco riprende i francescani e<br />

San Benedetto i benedettini e San Pietro il papa”. San Tommaso, dopo aver celebrato<br />

San Francesco “non” riprende l’or<strong>di</strong>ne francescano, bensì quello domenicano <strong>di</strong> cui fa<br />

parte. Spetterà al francescano Bonaventura, celebratore <strong>di</strong> San Domenico, <strong>di</strong><br />

vituperare i francescani. Effettivamente, più tar<strong>di</strong> nel Canto XXII del Para<strong>di</strong>so San<br />

Benedetto redarguirà i benedettini, ma la sua inserzione rappresenta un salto <strong>di</strong> qualità<br />

che non tiene conto della <strong>di</strong>alettica francescani-domenicani, a cui Dante intende dare<br />

vero risalto in due canti contigui, l’XI e il XII del Para<strong>di</strong>so.

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