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Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

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concreto, con l’attenzione al modo più <strong>di</strong>verso <strong>di</strong> presentarsi della vita nella<br />

letteratura: per cui a volte, le analisi specifiche anche se sono legate ad una riserva <strong>di</strong><br />

partenza nei confronti dell’autore o dell’opera in questione, ad un atteggiamento<br />

critico negativo, però poi scendono dentro, ne tirano fuori il bene; lo schema, se c’è,<br />

fino a quando c’è, non nuoce mai all’interrogazione del particolare. Il particolare è la<br />

vita nella sua pratica concretezza, è la vita autentica che comunque De Sanctis cerca<br />

nella letteratura: se la Storia della letteratura italiana può essere vista anche in termini<br />

idealistici come la vicenda dello spirito italiano che va alla ricerca <strong>di</strong> se stesso, va<br />

precisato che questa è una ricerca inesauribile e che questo spirito italiano in fondo<br />

non si trova mai nemmeno alla fine; il finale della storia letteraria è aperto su <strong>di</strong> un<br />

futuro, che De Sanctis vede con un relativo ottimismo, un ottimismo che certo non<br />

possiamo avere noi all’inizio del XXI secolo. Ma appunto si tratta <strong>di</strong> un ottimismo<br />

parziale e relativo: il percorso del resto è fatto <strong>di</strong> dubbi, aperture, proiezioni, lascia<br />

sviluppare continuamente delle contrad<strong>di</strong>zioni che a volte impongono, anche nei<br />

confronti degli autori più gran<strong>di</strong>, apparenti riserve. De Sanctis non ci <strong>di</strong>ce mai che<br />

l’autore che sta affrontando, sia Dante, sia Machiavelli, perfino Leopar<strong>di</strong>, rappresenti<br />

la totalità del senso della letteratura: lascia sempre qualche apertura, qualche<br />

contrad<strong>di</strong>zione. Se noi isoliamo passi particolari a volte ci può sembrare che avanzi<br />

grosse riserve perfino su questi gran<strong>di</strong> autori. In realtà ciò accade perché il <strong>di</strong>scorso<br />

del critico è un <strong>di</strong>scorso inevitabilmente aperto: il suo è un <strong>di</strong>alogo continuo con le<br />

opere, con gli autori all’interno <strong>di</strong> questa vicenda, <strong>di</strong> questo percorso, <strong>di</strong> questa ricerca<br />

dello spirito italiano, che in definitiva sembra coincidere con lo spirito dell’umanità in<br />

genere. Qui naturalmente siamo in pieno idealismo ed hegelismo, in un orizzonte che<br />

oggi naturalmente non possiamo più sentire nostro, dato che non possiamo più credere<br />

nella forza inarrestabile del movimento dello spirito nella storia. Eppure ci affascina (e<br />

forse molte cose ci può insegnare, al <strong>di</strong> là <strong>dei</strong> confini dell’idealismo), questo senso del<br />

movimento, dell’acquisto inevitabile che lo spirito del mondo fa movendosi nel<br />

tempo, questo suo stare a volte <strong>di</strong> più da una parte, a volte più da un’altra, lasciando<br />

in<strong>di</strong>etro alcuni popoli e favorendone altri.<br />

Questo senso della necessità storica della vita dello spirito, del fatto che la storia<br />

comunque alla fine ha ragione, è qualcosa che la cultura del ‘900 ha tragicamente<br />

smentito da tutti i punti <strong>di</strong> vista e tanto più per noi che non sappiamo più dove<br />

an<strong>di</strong>amo, in un mondo che non è aperto ad un sicuro progresso, ma piuttosto a<br />

minacce, pericoli <strong>di</strong> tutti i tipi che vengono dall’aumento incontrollato della<br />

popolazione, dalla fame e dallo sfruttamento, dai <strong>di</strong>sastri ecologici e demografici<br />

incombenti. De Sanctis poteva pensare, all’interno <strong>di</strong> questa prospettiva <strong>di</strong> matrice<br />

hegeliana (anche se poi egli corregge molte posizioni dell'hegelismo), che il senso<br />

della storia fosse comunque forte, determinato, necessario. Il ‘900 con tutti i suoi<br />

orrori e le sue contrad<strong>di</strong>zioni ci ha mostrata panche se qualcuno si ostina ancora a<br />

credere che la storia abbia un senso, una <strong>di</strong>rezione) che il senso non c’è, che siamo<br />

dominati dal caso, dall’impreve<strong>di</strong>bilità: e che se c’è una necessità assoluta, essa è una<br />

necessità naturale, che sta prima della storia, mentre la storia in quanto tale non è<br />

necessaria nel suo movimento. De Sanctis poteva credere in questo movimento: ma, se<br />

la sua fede agisce fortemente sulla sua storia, egli ne corregge continua- mente il<br />

tracciato grazie al senso ra<strong>di</strong>cale, estremo, sottilissimo, appassionato della concretezza

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