Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch
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La realtà socio-economica dell’Alta Irpinia<br />
negli anni del De Sanctis*<br />
PROF. FRANCESCO BARRA<br />
Università <strong>di</strong> Salerno<br />
Vorrei introdurre la <strong>di</strong>scussione partendo da un’osservazione economica, cioè la<br />
questione della gratificazione estensiva, fenomeno che si colloca proprio lungo l’asse<br />
Torella, Lioni, Andretta, Sant’Angelo, asse che costituisce il cuore cerealicolo<br />
dell’Alta Irpinia e lungo il quale non a caso da quel momento in poi si addensa la<br />
maggiore consistenza dello sviluppo sia, soprattutto, demografico sia, in parte, anche<br />
economico. Il modello è molto semplice e tipico <strong>di</strong> tutte le società arcaiche<br />
sottosviluppate; inizialmente il rapporto forza lavoro - realtà produttive è favorevole e<br />
quin<strong>di</strong> c’è in sostanza un’abbondanza <strong>di</strong> terre, ma la crescita, che pure è consistente e<br />
puramente quantitativa, si basa soltanto sulla messa a coltura <strong>di</strong> terre fino ad allora<br />
destinate a bosco e a pascolo. Questa crescita puramente quantitativa si accentua<br />
enormemente con il decennio napoleonico. Siamo, quin<strong>di</strong>, nei primi anni dell’800; in<br />
questo periodo, segnatamente durante il decennio napoleonico, per effetto<br />
dell’abolizione della feudalità e della quotizzazione <strong>dei</strong> demani, si verifica la prima<br />
gran<strong>di</strong>ssima fase della quotizzazione. Questo comporta, appunto, un ampliamento<br />
vertiginoso del modello produttivo basato sul cosiddetto latifondo conta<strong>di</strong>no. Si tratta<br />
<strong>di</strong> una definizione ambigua, se vogliamo, ma estremamente pregnante, <strong>di</strong> questa realtà<br />
nuova che si viene a creare: la vecchia azienda feudale viene segmentata, frammentata<br />
giuri<strong>di</strong>camente ed economicamente; nasce la proprietà borghese, nasce questa realtà<br />
del latifondo conta<strong>di</strong>no, cioè un fondo che però non è un’azienda; non ha le<br />
<strong>di</strong>mensioni, non ha il respiro, non ha l’autonomia dell’azienda agraria. Questo,<br />
naturalmente, costituisce la strozzatura <strong>di</strong> fondo, ne brucia le risorse produttive,<br />
incentiva una certa crescita demografica, ma pone in prospettiva tutta una serie <strong>di</strong><br />
no<strong>di</strong>, <strong>di</strong> problemi strutturali, che poi sono destinati a non essere mai del tutto risolti.<br />
L’800 borbonico è contrassegnato da una ristrettezza del mercato; siamo in un regime<br />
<strong>di</strong> bassa commercializzazione <strong>dei</strong> prodotti, ridotto circuito <strong>di</strong> commercializzazione<br />
degli stessi e perciò stesso un regime <strong>di</strong> bassi prezzi, che impe<strong>di</strong>sce l’accumulazione<br />
<strong>di</strong> surplus, <strong>di</strong> creazioni <strong>di</strong> ricchezza, <strong>di</strong> trasformazioni agrarie, che pure ci sono, ma<br />
non sono strutturali, non sono incisive in modo tale da poter cambiare ra<strong>di</strong>calmente e<br />
strutturalmente le vecchie realtà produttive. Quin<strong>di</strong> si giunge all’Unità con questo<br />
retaggio storico, costituito ormai da un forte appesantimento del comparto<br />
demografico rispetto ad una realtà agricola che è in corso <strong>di</strong> esaurimento, perché<br />
chiaramente le risorse non sono infinite. Questo fenomeno drammatico è incentivato<br />
ulteriormente dal latifondo conta<strong>di</strong>no - dalle quotizzazioni demaniali -, che è costituito<br />
dalla caduta progressiva delle rese produttive che in seguito, appunto, ha forme <strong>di</strong><br />
sfruttamento soprattutto cerealicolo irrazionale e continuo, a bassissima produttività.<br />
Basti pensare che dopo l’Unità l’Irpinia si colloca al quarto posto tra tutte le province<br />
italiane come coltura del grano dal punto <strong>di</strong> vista estensivo, ma dal punto <strong>di</strong> vista delle<br />
rese produttive crolla dal quarto posto al cinquantasettesimo. E quin<strong>di</strong> le rese<br />
produttive sono veramente <strong>di</strong>sastrose, sono, per così <strong>di</strong>re, ancora <strong>di</strong> antico regime.<br />
Dunque, questo fenomeno pone le premesse della marginalizzazione dell’Irpinia e<br />
soprattutto dell’Alta Irpinia a livello economico - sociale dopo l’Unità. Quin<strong>di</strong> l’Alta<br />
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