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Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch

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ANTONIA MASINI<br />

Liceo “F. De Sanctis ”<br />

Sant’Angelo <strong>dei</strong> Lombar<strong>di</strong> (AV)<br />

2° Classificato<br />

L’estratto, con tutte le dovute <strong>di</strong>stinzioni, può essere “tozzianamente” riguardato come<br />

“un qualsiasi misterioso atto nostro” da cui emerge con rigore la debole caratterizzazione<br />

psicologica del personaggio sveviano, Emilio Brentani, che sin dalle prime battute del<br />

romanzo si configura come un personaggio la cui personalità si esplica tutto sul piano<br />

della psiche, <strong>dei</strong> moti interiori insondabili ed indecifrabili dello strumento epistemologico<br />

e raziocinante del romanzo ottocentesco. Il prodotto letterario, pubblicato nel 1898, a sei<br />

anni dal primo romanzo “Una vita”, evidenzia già ad una epidermica lettura le novità<br />

strutturali e linguistiche che inevitabilmente si configurano come il prodotto <strong>di</strong> una<br />

rifrazione della novità comportamentale e figurale <strong>dei</strong> personaggi. L’impianto naturalistico<br />

<strong>di</strong> derivazione zoliana viene smontato, 1’“impalcatura” realista recuperata e caratterizzante<br />

la successiva produzione letteraria tozziana, viene meno ed oggetto della materia letteraria<br />

<strong>di</strong>viene il mondo della psiche che filtra la realtà straniandola, che converte le normali<br />

gerarchie in gerarchie anomale e malate. Emilio Brentani, fratello carnale <strong>di</strong> Alfonso Nitti<br />

e Zeno Cosini, è personaggio chiave, come lo sono del resto i protagonisti degli altri<br />

romanzi. Il critico Debenedetti ha voluto parlare <strong>di</strong> un personaggio “trino ed uno” (nella<br />

trilogia <strong>dei</strong> romanzi) che deriva dall’unico personaggio Svevo: fattore genetico<br />

determinante la patologica malattia <strong>di</strong> Emilio è l’inettitu<strong>di</strong>ne che si traduce in una effettiva<br />

“incapacità alla vita”, che trasforma il protagonista in un letterato solitario ed introverso<br />

che si trascina in una paralizzante inerzia che gli inibisce ogni possibilità <strong>di</strong> pensiero (“egli<br />

non aveva fatto nulla, per inerzia non per sfiducia”). Le modulazioni <strong>di</strong> passaggio nel<br />

fluire <strong>dei</strong> pensieri e delle azioni sono me<strong>di</strong>ate, come emerge dai paragrafi iniziali, dal<br />

percepibile intervento dell’autore che, con un atteggiamento <strong>di</strong> ironica consapevolezza<br />

oggettiva e coscienza, smaschera ogni mistificazione ed autoinganno che la “psicologia<br />

malata” <strong>di</strong> Emilio tende, come dato naturale e “darwinianamente” deterministico, ad<br />

attribuire all’oggettività e alla propria coscienza. Emilio, come emotivamente viene<br />

elucidato dal titolo del romanzo, sebbene sia un prodotto fresco <strong>di</strong> natura (ha solo<br />

trentacinque anni), è in realtà un prodotto vecchio della coscienza governata da un’inerzia<br />

<strong>di</strong> fondo che fa implodere ogni tentativo <strong>di</strong> fuga dalla trappola non della famiglia, non del<br />

lavoro (che è pur vero lo relega in una impietosa e vittimistica, agli occhi <strong>di</strong> Svevo,<br />

con<strong>di</strong>zione piccolo-borghese) ma del suo status mentis. Il romanzo, stampato su carta<br />

cattiva, ingiallito nei magazzini del libraio, può a buon <strong>di</strong>ritto considerarsi il<br />

corrispondente oggettivo <strong>di</strong> un’astratta con<strong>di</strong>zione mentale “ingiallita” ed irretita da<br />

con<strong>di</strong>zionamenti <strong>di</strong> perbenistico e moralistico atteggiamento nei confronti dell’altro da sé.<br />

“Il non voler compromettersi in una relazione troppo seria” svela l’inconsistenza<br />

caratteriale e psicologica insieme <strong>di</strong> Emilio eternamente confinato in uno stato <strong>di</strong><br />

sospensione vitale, <strong>di</strong> senilità esistenziale che lo rende infantile, alienato dalla realtà<br />

contingente. La spinta centrifuga prodotta dalla sua inalterata inettitu<strong>di</strong>ne alla vita, ricopre<br />

il personaggio <strong>di</strong> un alone <strong>di</strong> negatività indelebile che lo rende personaggio malato<br />

“chiuso” che non configura ancora a se stesso la possibilità <strong>di</strong> “evolversi in qualsivoglia<br />

senso”. Di qui si pone come dovere narrativo per l’autore etero<strong>di</strong>egetico un intervento<br />

mirato alla correzione e alla destituzione dell’inatten<strong>di</strong>bilità del punto <strong>di</strong> vista <strong>di</strong> Emilio: il<br />

racconto in terza persona si rivela un efficace strumento correttivo e chiarificatore che<br />

mette a nudo l’incoscienza intellettiva (si dà qui una definizione antifrastica del titolo del

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