Atti dei seminari di studi desanctisiani - Morreseemigrato.Ch
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citato <strong>di</strong> Guido Malcangi, con presentazione <strong>di</strong> Antonio La Penna e introduzione <strong>di</strong><br />
<strong>Atti</strong>lio Marinari, <strong>di</strong>scorso che dovrebbe essere considerato più attentamente dagli<br />
stu<strong>di</strong>osi, perché può offrire materia assai utile per successivi e più approfon<strong>di</strong>ti<br />
scandagli sulla problematica politica del De Sanctis.<br />
Gli ine<strong>di</strong>ti contenuti nel volume del Malcangi e le notizie relative a tali scritti,<br />
ripropongono la questione del rapporto tra l’ultimo De Sanctis e quella “Sinistra” che<br />
dal 1876 gestì il potere in Italia, con tutto il carico delle reazioni e con il <strong>di</strong>fficile<br />
aggancio tra la realtà presente e le ideologie <strong>di</strong> tipo risorgimentale, che sono alla base<br />
del pensiero politico del grande critico.<br />
Al mutarsi della realtà il De Sanctis fu estremamente attento e sensibile; egli si<br />
richiamò sempre al “reale” e al “concreto”, anzi avvertì l’esigenza della costante<br />
verifica in re del fatto ideologico e culturale, che fu poi “uno <strong>dei</strong> punti - forza - come<br />
osserva giustamente il Marinari - del suo insegnamento e del suo porsi come esempio<br />
<strong>di</strong> vita”. Superata, infatti, la vecchia questione se egli sia stato più maestro che uomo<br />
impegnato politicamente, più educatore cioè che uomo d’azione, si pone con urgenza<br />
oggi la necessità <strong>di</strong> ricostruire l’integrità della figura globale del grande irpino e della<br />
sua incidenza <strong>di</strong> pensiero e d’azione pratica nella realtà storica alla quale egli<br />
appartenne.<br />
Per fare un bilancio dell’uomo “politico” molto può giovare, a nostro avviso, il<br />
Discorso <strong>di</strong> Trani del 1883, una sorta <strong>di</strong> “testamento spirituale” che consegna alla<br />
storia alcune fondamentali istanze democratiche del De Sanctis: i partiti come<br />
instrumentum regni e il “patriottismo” come superamento della partitocrazia e,<br />
insieme, dell’in<strong>di</strong>vidualismo egoistico; la polemica contro la retorica e contro il<br />
trasformismo; il concetto <strong>di</strong> “unificazione” contrapposto a quello <strong>di</strong> “unità”; infine, la<br />
visione profondamente etico - pedagogica del fatto politico: la politica come “dovere”<br />
e “sacrificio”, l’educazione come unico strumento <strong>di</strong> civiltà.<br />
Sulla base <strong>di</strong> queste importanti premesse, che per il De Sanctis costituirono un<br />
approdo, tenute soprattutto presenti le circostanze storiche e politiche nelle quali egli<br />
agì (anche il critico irpino, infatti, non potè sfuggire al “limite” della fedeltà, a quella<br />
metodologica “moderata”, scelta del resto fin dal 1860, e che si identifica con la fede<br />
tipicamente ottocentesca in un progresso che viene dall’alto e che non può essere se<br />
non “illuminato”, “caritatevole”), oggi il problema pare essere ancora attuale ed aperto<br />
a nuove istanze polemiche e critiche (sebbene siano trascorsi più <strong>di</strong> cento anni): tocca<br />
a noi saperne cogliere la bontà del messaggio “in <strong>di</strong>rezione” s’intende,<br />
“profondamente democratica” (Malcangi).<br />
Certo, per lunghissimo tempo, la fama del De Sanctis è restata legata all’attività<br />
del critico, mentre con eccezionale fenomeno <strong>di</strong> avvedutezza egli seppe essere uomo<br />
politico d’alto livello, nonostante che la fonda- mentale matrice <strong>dei</strong> suoi interessi <strong>di</strong><br />
stu<strong>di</strong>oso fosse <strong>di</strong> origine letteraria e filosofica. Egli con ciò <strong>di</strong>mostrò, in definitiva, la<br />
realizzabilità dell’esercizio del pensiero nella politica, senza contrapposizione, ma con<br />
vantaggio <strong>di</strong> quest’ultima, all’insegna dell’esortazione da lui sempre caldeggiata, che<br />
cioè l’arte fosse e potesse riverberarsi coerentemente con la vita morale ma anche con<br />
quella pubblica.<br />
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